Il Teorema di Bell, Il reale è irrazionale...

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Farvat
view post Posted on 16/2/2007, 18:43




Nel 1851, fu eseguito uno storico esperimento al fine di dimostrare come la terra effettivamente ruotasse su se stessa; l'artefice fu Leon Foucault, che portò a termine l'impresa usando un gigantesco pendolo sospeso alla cupola del Pantheon di Parigi. Una corda lunga 67 metri sorreggeva una sfera di metallo, che con un punteruolo tracciava sulla sabbia opportunamente disposta sotto al grave il percorso oscillatorio del pendolo. Si scopri che l'asse del pendolo si manteneva collimato alle stelle fisse, mentre era la terra a ruotare. Fin qui non ci sarebbe nulla di particolarmente strano, se non si dovesse per forza notare una cosa, in che senso il pendolo mantiene sempre il suo orientamento? Non lo fa rispetto alla terra, ne al sole e ne alla via lattea, ma pare essere in asse con un qualche genere di attrattore situato forse al centro dell'universo. Ma come è possibile? Questo non viola il principio fisico della località dei fenomeni? Secondo la legge di Coriolis, il pendolo nella sua oscillazione è determinato dall'intero universo... Fu quel giorno che senza particolare fragore, con quella piccola incrinatura la fisica classica, la logica e in effetti tutta la visione occidentale del mondo cominciò a franare... Naturalmente non se ne accorse nessuno.

E' il 1982, siamo ancora a Parigi, l'equipe di alain Aspect esegue un esperimento al fine di dimostrare che il paradosso EPR della meccanica quantistica, ovvero che una coppia di fotoni emessi, quindi che partono da uno stesso sistema di interazione, continuano ad interagire tra di loro in modo istantaneo come se facessero ancora parte della stessa interazione, violando apertamente gli assunti della fisica classica ed anche della logica. L'esperimento è un successo, i due fotoni cambiano di polarizzazione in modo istantaneo incuranti della distanza tra di loro. potrebbero essere agli antipodi del cosmo ed ognuno delle due particelle si comporta come fosse legata all'altra in barba alla distanza, ed all'assunto che la massima velocità possibile dell'informazione nell'universo è rigidamente fissata a 300.000 km/s. L'edificio della fisica classica e della scienza riduzionista crolla su se stesso... ve ne siete accorti?

Il teorema di Bell è confermato:
Nessuna teoria fisica a variabili locali nascoste può riprodurre le predizioni della meccanica quantistica
Entrano in crisi i tre principi cardine della fisica classica: Località, Realtà e separabilità.

Principio di località
E' quello scientificamente più fondato, fenomeni come la gravità, la velocità della luce sono troppo fondati per essere accantonati.
La relatività di Einstein si salva al pelo, ovvero non è possibile utilizzare tale proprietà delle particelle causa del fatto che devo per forza conoscere lo stato di una delle particelle del sistema, quindi niente comunicazione istantanea... peccato.

Principio di Realtà
Viene tenuto in piedi, per necessità, anche se la meccanica quantistica l'ha già messo ripetutamente in crisi, ovvero non siamo più tanto sicuri che la luna nel cielo sia effettivamente ancora lì quando non la guardiamo.

Principio di separabilità.
Questo principio viene meno, in fondo se si deve scegliere è quello apparentemente meno doloroso da decapitare. Ovvero la separazione dei fenomeni all'interno del cosmo è una pura e semplice illusione, L'universo è una totalità olistica dove ogni parte per quanto minuscola riflette la totalità e la influenza. Tutto appare interconnesso in modo misterioso.

Conseguenze...

1)crisi della logica classica
2)crisi della matematica classica
3)morte del principio di causalità
4)possibile Inadeguatezza della descrizione probabilistica della meccanica quantistica
5)Crisi della teoria del Neo Darwinismo, se si ammette che all'origine il cosmo era un minuscolo sistema unico, anche dopo 12 o 15 miliardi di anni continua ad esserlo. ciao ciao caso...

A questi aggiungerei, che visto che la fisica teorica presuppone dimensionalità ulteriori rispetto a quelle che noi sperimentiamo abitualmente, c'è da chiedersi se per caso dobbiamo cominciare a pensare che l'interconnessione si svolga anche tramite queste. Se è così, è tranquillamente normale che ciò che fate ad esempio nel presente abbia effetti non solo sul futuro ma anche sul passato e che eventi temporalmente e localmente separati siano fortemente interconnessi in modo diretto. Insomma andate pure a briglia sciolta con la fantasia, per quanto folli cose possiate dire non saranno mai folli abbastanza da risultare vere.
 
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sognatore
view post Posted on 16/2/2007, 19:41




ciao farvat
ti dirò che questi temi mi interessano in particolar modo,però non ho ancora le conoscenze adeguate.
per quanto riguarda il principio di realtà: la luna potrebbe non essere lì quando io non sono sensorialmente in contatto con essa,però se al mio fianco ci sei tu che continui a guardarla mi potrai assicurare che sarà ancora lì.. mi viene alla mente l'esperimento del gatto nella scatola di schroedinger:sin quando non aprirò la scatola che contiene il gatto,vi è la possibilità al 50% che sia morto o vivo;in poche parole togliendo il coperchio è come se costringessi il sistema a fare una scelta:gatto vivo-gatto morto.Di conseguenza come facciamo a parlare della realtà se sappiamo che potrebbe esserci come non esserci?
 
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chavà
view post Posted on 16/2/2007, 20:35




Trovo intrigantissimo l'argomento, rimasi sconcertata quando, nel 1992 leggendo "L'universo alle soglie del 2000" della Hack, venni a conoscenza dell'esistenza di un tal GRANDE ATTRATTORE. Lo sconcerto fu duplice, x ciò che stavo leggendo e xchè, intorno a me, nessuno (neppure gli stramaledetti media che arrivano d'appertutto) ne stava discutendo.
Credo che proprio da quel mio aprire la mente con stupore , da quel prendere consapevolezza che dopotutto -ben poco x il momento ci è dato di sapere- sia nato in me il pensiero che tu stesso esprimi :

CITAZIONE
per quanto folli cose possiate dire non saranno mai folli abbastanza da risultare vere.


Cià!
Chavà
 
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SpiritoDialettiko
view post Posted on 16/2/2007, 22:35




L'argomento che porponi, Farvat, è molto interessante anche perchè la fisica mi ha sempre interessato. Avrei però un paio di delucidazioni da chiederti. Riguardo all'esperimento dei fotoni, tu dici che partendo da uno stesso sietma essi hanno cambiato polarizzazione in modo istantaneo. Ma cosa intenndi dire esattamente? cioè non potrebbe semplicemente essere che due fotoni, essendo uguali, abbiano subito gli stessi effetti dalle stesse cose, senza nessun collegamento, come due palle da biliardo che, colpite una da una parte della Terra e l'altra agli antipodi, seguono la stessa traiettoria sul tavolo da biliardo solo perchè hanno bekkato lo stesso punto e quindi sono state inffluenzate dagli stessi fattori? probabilmente sto dicendo una cavolata ;), ma siccome non ho studiato quell'esperimento del 82, vorrei che me lo descrivessi meglio.
 
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Farvat
view post Posted on 17/2/2007, 12:28




Visto l'interesse rispiego la questione tenendo ben conto che non sono un fisico....

L'esperimento mentale EPR nacque come tentativo per confutare gli assunti della meccanica quantistica da parte di Einstein coadiuvato da altri due fisici Podalsky e Rosen (da qui la sigla EPR). L'esperimento puramente mentale doveva dimostrare che la teoria quantistica violava le regole della meccanica classica riguardanti la località dei fenomeni. Il paradosso derivò dal fatto che Einstein invece di confutare la meccanica quantistica, finì per mettere in crisi gli assunti fisica classica.

L'esperimento mentale prevedeva che se noi emettiamo una coppia di fotoni correlati tra loro quindi in rapporto che si definisce come tale se hanno caratteristiche simmetriche (cioè opposte o concordi). Facciamo l'esempio in questo modo, mettiamo che una particella abbia valore 0 mentre l'altra 1, separiamo le due particelle e misuriamone una. Se da una otteniamo il valore 0 l'altra allora avrà necessariamente valore 1, questo accade a qualunque distanza io separi le due particelle tra di loro.
Per Einstein tale assunto era un assurdità e significava che la meccanica quantistica era una teoria errata o quantomeno largamente incompleta.
Furano svolti molti esperimenti sempre più complessi al fine di chiarire la vitale questione, e tutti gli esperimenti hanno dimostrato che gli assunti della meccanica quantistica sono esatti, ovvero che due particelle una volta che hanno interagito tra di loro rimangono in qualche modo intrecciate (entengled), considerando che tutte la materia ai tempi del Big Bang era concentrata in un solo punto, quindi era un solo sistema, appare ovvio come questo abbia una terrificante ricaduta sul pensiero scientifico razionalista che in tal modo viene minato alle fondamenta; dimostra ancora una volta ed in modo definitivo che l'approccio analitico-riduzionista sia valido solo entro certi termini e la sua efficacia sia comunque limitata: Il tutto è più della somma delle parti.
L'effetto in termini filosofici è notevole, le mie azione, i miei pensiero sono intrecciati all'intero cosmo e viceversa, anzi direi che io ed il cosmo siamo in qualche modo una sola cosa, la questione se godiamo o meno libero arbitrio non ha alcun senso in quanto è il principio causale che viene meno; non posso più dire chi o cosa causa quel tale effetto. A tal fine è stata sviluppata da Jung la concezione di sincronicità, ma anche tale concezione estremamente primitiva rispetto all'intreccio che possiamo a malapena intuire.
In particolare viene meno l'idea che il reale sia effettivamente intellegibile e quindi razionale, si pone dunque l'evidenza del perché ad esempio nella filosofia orientale la logica non si sia sviluppata come da noi. Gli orientali intuirono in qualche modo che il mondo fisico risponde solo superficialmente alla logica aristotelica, e che invece nella sua natura profonda non sa che farsene. Il principio del terzo escluso viene a cadere come principio logico valido, in quanto non si può più dire che un asserto può solo essere vero o falso e non esiste una terza possibilità.

CITAZIONE
Trovo intrigantissimo l'argomento, rimasi sconcertata quando, nel 1992 leggendo "L'universo alle soglie del 2000" della Hack, venni a conoscenza dell'esistenza di un tal GRANDE ATTRATTORE. Lo sconcerto fu duplice, x ciò che stavo leggendo e xchè, intorno a me, nessuno (neppure gli stramaledetti media che arrivano d'appertutto) ne stava discutendo.
Credo che proprio da quel mio aprire la mente con stupore , da quel prendere consapevolezza che dopotutto -ben poco x il momento ci è dato di sapere- sia nato in me il pensiero che tu stesso esprimi :

Il problema è che è crollato un paradigma in vigore da millenni e ci vorrà ancora moltissimo tempo prima che ci si renda conto che si è sbagliato completamente rotta nella nostra interpretazione del mondo. Il signor Capra che pubblicò il celeberrimo "Tao della Fisica", ha avuto un notevole successo di vendite, ma lo ha pagato con una messa al bando da parte del mondo scientifico. Strano che ci si dimentichi che gli stessi Niels Bohr e Werner Heisemberg cioè gli sviluppatori della meccanica quantistica vedessero il Taoismo e L'induismo come anticipatori delle loro scoperte.
La stesse Religioni di stampo semitico non sono affatto nell'ottica di accettare l'ovvio panteismo che deriva da queste moderne teorie, a parte Jean Guitton col suo metarealismo non mi pare che ci siano stati molti tentativi di coniugare il Dio trascendete con quello immanente. Bisogna tornare all'antichità, tornare ai greci ed alla filosofia orientale.

CITAZIONE
ti dirò che questi temi mi interessano in particolar modo,però non ho ancora le conoscenze adeguate.
per quanto riguarda il principio di realtà: la luna potrebbe non essere lì quando io non sono sensorialmente in contatto con essa,però se al mio fianco ci sei tu che continui a guardarla mi potrai assicurare che sarà ancora lì.. mi viene alla mente l'esperimento del gatto nella scatola di schroedinger:sin quando non aprirò la scatola che contiene il gatto,vi è la possibilità al 50% che sia morto o vivo;in poche parole togliendo il coperchio è come se costringessi il sistema a fare una scelta:gatto vivo-gatto morto.Di conseguenza come facciamo a parlare della realtà se sappiamo che potrebbe esserci come non esserci?

Ci sono in effetti diversi modi di interpretare gli assunti della meccanica quantistica, uno tendenzialmente più realistico e l'altra più idealistico, addirittura vi sono tentativi di riportare l'indeterminismo quantistico in seno al determinismo. Al vecchio Kant ed ai suoi cento talleri, oggi risponderemmo: è pur vero che i 100 talleri in mente non sono quelli che si ha nelle tasche, ma per vedere se nelle tasche ci sono 100 talleri bisogna comunque metterci la mano. In quanto finchè non ci metti la mano i talleri ci sono e non ci sono contemporaneamente. E dire che chiamavano Aristotele il maestro dei maestri...

 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 18/2/2007, 22:16




vedrai che in settimana ti rispondo per bene...
a domani far...
vedrai che questa è la mia grande occasione per una restaurazione dell'Idealismo sfrenato in grande stile!
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 19/2/2007, 22:18




CITAZIONE (Farvat @ 16/2/2007, 18:43)
Principio di località
E' quello scientificamente più fondato, fenomeni come la gravità, la velocità della luce sono troppo fondati per essere accantonati.
La relatività di Einstein si salva al pelo, ovvero non è possibile utilizzare tale proprietà delle particelle causa del fatto che devo per forza conoscere lo stato di una delle particelle del sistema, quindi niente comunicazione istantanea... peccato.

perfetto.
mi sembra un'ottma conversione scientifica dell'ipotesi avanzata da M. Merleau-ponty che instaura l'idea di un Logos Selvaggio.


CITAZIONE (Farvat @ 16/2/2007, 18:43)
Principio di Realtà
Viene tenuto in piedi, per necessità, anche se la meccanica quantistica l'ha già messo ripetutamente in crisi, ovvero non siamo più tanto sicuri che la luna nel cielo sia effettivamente ancora lì quando non la guardiamo.

io lo chiamerei, se mi è permesso, "principio di irrealtà".
noi possiamo non esser tanto sicuri che la luna stia lì in cielo quando non la guardiamo.
ma d'altra parte, questo è un idealismo insulso ed aconcettuale.
perchè, se non vedo la luna, è lei a non esser più lassù e non piuttosto io a sbagliare nel vederla?
zu zul kant!
(bisogna tornare a kant....!)

(ma perchè devo dire sempre le stesse cose? vorrei tanto poter scrivere anche dell'altro :) )

CITAZIONE (Farvat @ 16/2/2007, 18:43)
Principio di separabilità.
Questo principio viene meno, in fondo se si deve scegliere è quello apparentemente meno doloroso da decapitare. Ovvero la separazione dei fenomeni all'interno del cosmo è una pura e semplice illusione, L'universo è una totalità olistica dove ogni parte per quanto minuscola riflette la totalità e la influenza. Tutto appare interconnesso in modo misterioso.

qui le cose sono davvero complicate.
come ti ho già scritto nell'altro post, bisognerebbe riformulare il concetto di a-priori in modo davvero considerevole.
il problema è che la separazione è un'astrazione talora di comodo, talora inconscia.
cercherò di chiarire queste due espressioni: per "astrazione di comodo" intendo una particolare astrazione, compiuta consapevolmente, ai fini di rintracciare taluni risultati che ci interessano all'origine dell'indagine.
un'operazione del genere è spesso usata in sociologia e anche in chimica farmaceutica, ove isolare (astrarre) è conveniente ai fini dell'indagine.

per "astrazione inconscia", simile alla prima, i fini tematici della ricerca sono dati in base a pregiudizi non meglio riconosciuti e come tale, il risultato si viene a trovare nell'oggetto "In quanto oggetto" mentre in realtà si tratta di una esplicitazione di quanto avevamo in testa.

queste considerazioni sono in qualche modo preliminari al tuo problema.
infatti quel che io ho in testa è la parzialità del punto di vista a partire da cui io accedo alle cose.
d'altra parte, come ho già dimostrato in un post di fordfiesta, creare significa separare, non conosciamo che per differenza, e quindi senza questa separazione noi non avremmo identità.
ecco perchè le cose sono nella misura in cui non sono e proprio per questo il principio aristotelico non è "principio di identità" ma "principio di non contraddizione".
è la contraddizione ad essere elevata a paradigma. e non è un caso che il primo vero filosofo della differenza è stato Hegel che nella fenomenologia dello spirito parlava dell'Immane potenza del negativo.
ed in effetti della differenza che sappiamo?
ecco perchè l'idea assoluta nella logica è intesa come l'identità di identità e non identità.
infatti l'impianto hegeliano fa dell'assoluto la differenza, intendendola principalmente come "qualità".
ed infatti sarebbe interessante notare come la qualità preceda in hegel la sostanza perchè la qualità individua gnoseologicamente una sostanza ontologica.
eddire che aristotele ricostruire la questione al contrario.
ma si sa... talora posizioni contrarie sono identiche.
per tanto l'interconnessione è qualcosa su cui bisogna riflettere.
a mio avviso la connessione è senz'altro nel pensiero, ma non si esclude, come vorrebbero gli empiristi che si chiamano qui come altrove "ontologi"
che le connessioni siano nelle cose.
quest'ultima posizione, per è senz'altro inconcepibile...

CITAZIONE (Farvat @ 16/2/2007, 18:43)
Se è così, è tranquillamente normale che ciò che fate ad esempio nel presente abbia effetti non solo sul futuro ma anche sul passato e che eventi temporalmente e localmente separati siano fortemente interconnessi in modo diretto.

ed in effetti quel che veramente cambia del passato non è che il senso, la ricchezza semantica con cui lo si legge ecc.
queste considerazioni dovrebbero rendere comprensibile quell'espressione Husserliana per cui il modo di intendere la storia è a zig-zag...
 
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Farvat
view post Posted on 20/2/2007, 18:03




CITAZIONE
perfetto.
mi sembra un'ottma conversione scientifica dell'ipotesi avanzata da M. Merleau-ponty che instaura l'idea di un Logos Selvaggio.

Puoi spiegare meglio questo punto?

In realtà molti identificano o confondono il principio di località con quello di separabilità, in effetti essi sono fortemente connessi almeno concettualmente. il principio di località è fondato sul fatto che un informazione all'interno del sistema universo non può andare più veloce della luce, quindi qualunque informazione impiega un certo tempo ad interagire. Se il sole sparisse di colpo (per il principio di irrealtà :P ) noi ce ne accorgeremmo solo un certo tempo dopo, sia in termini di elettromagnetismo sia in termini gravitazionali. Questo principio rimane saldo almeno per noi, perché pare che l'universo imbrogli un pochetto, nel senso che a livello superficiale la località domina incontrastata, ma livello profondo ogni cosa è interconnessa ed interagisce con l'altra. E' per questo che si trova spesso il termine non località all'interno dei discorsi in merito alla meccanica quantistica.

CITAZIONE
io lo chiamerei, se mi è permesso, "principio di irrealtà".
noi possiamo non esser tanto sicuri che la luna stia lì in cielo quando non la guardiamo.
ma d'altra parte, questo è un idealismo insulso ed aconcettuale.
perchè, se non vedo la luna, è lei a non esser più lassù e non piuttosto io a sbagliare nel vederla?
zu zul kant!
(bisogna tornare a kant....!)

(ma perchè devo dire sempre le stesse cose? vorrei tanto poter scrivere anche dell'altro :)

Qui sono stato molto impreciso, faccio ammenda, non è che la meccanica quantistica asserisca che quando non guardo la luna questa non c'è, quest'affermazione è l'ironico attacco che fece Einstein a Niels Bohr. La questione è molto più complessa e molto più sottile, se le cose stessero così tale teoria potrebbe essere demolita facilmente. La domanda è cosa diventa la luna quando non la percepisco? Posso non guardare la luna ma io continuerò ad interagire con lei in quanto è con gli effetti della sua presenza che continuerò ad interagire. ma più un oggetto diventa piccolo, più i suoi effetti sono minimi più esso diventa indeterminato. Questo viene dal fatto che la realtà secondo la teoria è composta da oggetti subatomici di natura duale ovvero materiali e nello stesso tempo ondulatori. Il concetto di "quanto" connota una quantità discreta di informazione, che può essere trattata come una particella oppure come una forma d'onda matematica di pura probabilità. il problema sorge perché è l'osservazione che decide la forma che il quanto prenderà, da qui si è dimostrato evidente che l'osservatore perturbava la realtà. Inoltre per il principio di indeterminazione di Heisemberg più conosco la posizione precisa di un quanto e meno ne conosco la velocità e viceversa.
Da questi due aspetti, la sua dualità e la sua indeterminazione, si desume che un quanto non ha una posizione precisa o una velocità precisa ma ha natura diffusa.
Immaginiamo un tavolo da biliardo, poniamo un palla nel suo centro, voltiamoci, quando non guardiamo la particella-pallina è in tutte le posizioni possibili sul piano del tavolo, quando mi volto e guardo la pallina è in un punto preciso, possibilmente il più probabile ovvero dove l'ho posta. L'atto di guardare fa collassare la forma d'onda probabilistica in una sola posizione possibile, l'infinito diventa finito per mezzo dell'atto percettivo. Se questo è il mondo subatomico, come mai noi non notiamo questo effetto sul mondo reale macroscopico?
La risposta che viene data è che la realtà appare così ordinata perché è tutta intrecciata al suo interno, ovvero gli oggetti macroscopici interagendo fortemente tra di loro si legano ed ognuno determina l'altro, questo processo viene detto Decoerenza . Questa è per certi versi una risposta tendenzialmente Realista ovvero è valida ma non tiene tanto conto del fatto che le cose stanno così perché qualche osservatore percepisce tale realtàe la determina.
Nell'"Infinito" di Leopardi, il poeta ha davanti una siepe che gli occlude lo sguardo del paesaggio, così egli immagina che vi sia l'infinito oltre quella siepe ed in vena di spinozismo sogna di naufragare panteisticamente in tale illimitato mare. Nello Zibaldone, Leopardi asserirà che l'infinito è un illusione, per certi versi la meccanica quantistica può essere interpretata in modo opposto, ovvero che l'infinito è l'unica realtà, e il finito è un illusione. Oltre la siepe, c'è esattamente l'infinito mare ove Leopardi sogna di naufragare, perché il poveretto non si è accorto che è tutta la vita che ci naviga su quel mare...

La luna è sempre lì, ma comunque ogni tanto qualcuno la guardi per favore, non si sa mai... ;)

Sulla terza parte ovvero sul principio di Separabilità continuo appena ho tempo.
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 20/2/2007, 21:19




CITAZIONE (Farvat @ 20/2/2007, 18:03)
Puoi spiegare meglio questo punto?

In realtà molti identificano o confondono il principio di località con quello di separabilità, in effetti essi sono fortemente connessi almeno concettualmente. il principio di località è fondato sul fatto che un informazione all'interno del sistema universo non può andare più veloce della luce, quindi qualunque informazione impiega un certo tempo ad interagire. Se il sole sparisse di colpo (per il principio di irrealtà :P ) noi ce ne accorgeremmo solo un certo tempo dopo, sia in termini di elettromagnetismo sia in termini gravitazionali. Questo principio rimane saldo almeno per noi, perché pare che l'universo imbrogli un pochetto, nel senso che a livello superficiale la località domina incontrastata, ma livello profondo ogni cosa è interconnessa ed interagisce con l'altra. E' per questo che si trova spesso il termine non località all'interno dei discorsi in merito alla meccanica quantistica.

il discorso di m-p è assai affascinante e può interessare chiunque voglia occuparsi di fenomenologia ontologica (o di ontologia fenomenologica) senza sfociare nel misticismo relativistico di Heidegger.

è chiaro che come ogni discorso fenomenologico, il suo è fenomenologia della percezione.
le cose nel loro lasciarsi percepire non hanno un prestigio ontologico assoluto ma sanno di presente, passato e futuro, di vicinanza, lontananza e di altrove.
si tratta cioè non di un percepire che ha un percepito come tale, ma di un percepito che è a suo modo percepiente: non più: io percepisco la casa laggiù, ma è la casa a farsi percepire laggiù.
è chiaro che il "laggiù" è per me, ed è per me in virtù della mia ubicazione ed allora la mia ubicazione deve fare i conti con la mia carnalità percepiente.

ma tutto ciò avviene in un livello del cogito che m-p dichiara "tacito" non in quanto pre-linguistico ma perchè è preconcettuale ma che va verso il cocnettuale.
ecco perchè bisogna considerare (come accade nell'opera "l'occhio e lo spirito") il mondo come qualcosa di sfumato. m-p apprezza particolarmente cezanne perchè è stato il primo pittore a non marcare i confini (o se preferisci i limiti) dei personaggi e delle cose da lui ritratte....



CITAZIONE (Farvat @ 20/2/2007, 18:03)
La domanda è cosa diventa la luna quando non la percepisco?

per restare nel discorso di m-p (che è carino ma che è privo di impianto trascendentale) dico in via generalissima che la luna è: percezione possibile.

è chiaro che qui dovrei considerare che questa in quanto ipotesi è già una forma di percezione della stessa luna in quanto ipotesi...
insomma... fenomenologia di un'ipotesi....:)

CITAZIONE (Farvat @ 20/2/2007, 18:03)
Il concetto di "quanto" connota una quantità discreta di informazione, che può essere trattata come una particella oppure come una forma d'onda matematica di pura probabilità. il problema sorge perché è l'osservazione che decide la forma che il quanto prenderà, da qui si è dimostrato evidente che l'osservatore perturbava la realtà. Inoltre per il principio di indeterminazione di Heisemberg più conosco la posizione precisa di un quanto e meno ne conosco la velocità e viceversa.

qui bisognerebbe interrogarsi se vi sia in atto un a-priori di tipo materiale, come lo chiamerebbe Husserl.

questo "qualcosa" c'è ed allora lo vedo oppure lo vedo ed allora c'è?
è chiaro che la partita in gioco è il paradigma dell'empirismo (c'è allora lo vedo) o quello del razionalismo (lo vedo allora c'è)...

CITAZIONE (Farvat @ 20/2/2007, 18:03)
Immaginiamo un tavolo da biliardo, poniamo un palla nel suo centro, voltiamoci, quando non guardiamo la particella-pallina è in tutte le posizioni possibili sul piano del tavolo, quando mi volto e guardo la pallina è in un punto preciso, possibilmente il più probabile ovvero dove l'ho posta. L'atto di guardare fa collassare la forma d'onda probabilistica in una sola posizione possibile, l'infinito diventa finito per mezzo dell'atto percettivo. Se questo è il mondo subatomico, come mai noi non notiamo questo effetto sul mondo reale macroscopico?

l'esempio è molto bello e pregnante.
ma dimentichi, permettimi, un dettaglio.
le palle si muovono nel tavolo. ma tu sei l'otto nero che vedi le palline muoversi?
no, mi pare che tu sia al di la del tappeto verde, sei oltre i bordi e quindi ti ritrovi a guardare da una prospettiva completamente diversa.
l'esempio sarebbe corretto se tu guardassi l'universo da un metaluogo come gli illumisti credevano guardasse dio...

CITAZIONE (Farvat @ 20/2/2007, 18:03)
a risposta che viene data è che la realtà appare così ordinata perché è tutta intrecciata al suo interno, ovvero gli oggetti macroscopici interagendo fortemente tra di loro si legano ed ognuno determina l'altro, questo processo viene detto Decoerenza . Questa è per certi versi una risposta tendenzialmente Realista ovvero è valida ma non tiene tanto conto del fatto che le cose stanno così perché qualche osservatore percepisce tale realtàe la determina.

giusto

CITAZIONE (Farvat @ 20/2/2007, 18:03)
Nell'"Infinito" di Leopardi, il poeta ha davanti una siepe che gli occlude lo sguardo del paesaggio, così egli immagina che vi sia l'infinito oltre quella siepe ed in vena di spinozismo sogna di naufragare panteisticamente in tale illimitato mare. Nello Zibaldone, Leopardi asserirà che l'infinito è un illusione, per certi versi la meccanica quantistica può essere interpretata in modo opposto, ovvero che l'infinito è l'unica realtà, e il finito è un illusione. Oltre la siepe, c'è esattamente l'infinito mare ove Leopardi sogna di naufragare, perché il poveretto non si è accorto che è tutta la vita che ci naviga su quel mare...

ed allora ha ragione Hegel: il vero infinito è quello che è capace di manifestarsi nel finito....

CITAZIONE (Farvat @ 20/2/2007, 18:03)
Nell'"Infinito" di Leopardi, il poeta ha davanti una siepe che gli occlude lo sguardo del paesaggio, così egli immagina che vi sia l'infinito oltre quella siepe ed in vena di spinozismo sogna di naufragare panteisticamente in tale illimitato mare. Nello Zibaldone, Leopardi asserirà che l'infinito è un illusione, per certi versi la meccanica quantistica può essere interpretata in modo opposto, ovvero che l'infinito è l'unica realtà, e il finito è un illusione. Oltre la siepe, c'è esattamente l'infinito mare ove Leopardi sogna di naufragare, perché il poveretto non si è accorto che è tutta la vita che ci naviga su quel mare...

ed allora ha ragione Hegel: il vero infinito è quello che è capace di manifestarsi nel finito....
 
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8 replies since 16/2/2007, 18:43   220 views
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