Mente e Cervello, Ascesa e caduta del concetto di coscienza

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Farvat
view post Posted on 5/10/2007, 10:22 by: Farvat




Come ti ho già riferito la tua risposta è stata davvero fonte di parecchi chiarimenti, ma ogni bagliore porta sempre con sé anche nuove domande e nuove chiarificazioni necessarie.



CITAZIONE
La dicotomia cartesiana non è linguistica, apparente, ma è sostanziale.
Infatti nella Prima M.m., cartesio si domanda cosa è "reale" e cerca di distinguerlo.
poi prosegue e si domanda come sia possibile che sia "in veglia" che "in sogno" 2+2 faccia cmq 4 e un triangolo sempre 3 lati ha.
non di meno a questo Cartesio attua il dubbio radicale.
Husserl asserisce che l'idea matematica sia allora accettata come ovviamente valida, come un ideale scientifico meritevole di fiducia: però perchè io posso dubitare dei sensi, che "almeno 1 volta nella vita ci hanno ingannato", ma non devo dire che ho sbagliato a vedere un "quadrato", un "triangolo" nel sogno o nella veglia?
perchè non devo dubitare del fatto che stia ricordando male?
questa è l'errore cruciale che segna lo scacco agli occhi di Husserl della filosofia cartesiana.
infatti cartesio si sarebbe fermato "all'inizio dell'inizio" (cfr E. Husserl, storia critica delle Idee lez. XV). fermandosi all'io puro, al cogito, questo resta ancora una sorta di "premessa" di un sillogismo e nulla più.
tant'è che per "dedurre" (nel linguaggio della critica della ragion pura, dedurre significa "giustificare") il concreto cartesio deve ricorrere all'idea di Dio e alle idee matematiche.

La divisione con cui Cartesio separa le sostanza in due distinte, non era proprio una sua invenzione, ma diciamo che egli la codifica per la posterità in quel rigido dualismo che la filosofia come la scienza hanno cercato e ancora cercano con grossi sforzi di eliminare. Per Cartesio in modo un po oscuro la sostanza unica è Dio che è generatore della dualità tra spirito e materia, ma tale soluzione è un po strumentale, ed inoltre non soddisfa affatto l'esigenza di comprendere il rapporto che esiste tra mente e corpo. L'occasionalismo tenderà ad esempio a risolvere la questione facendo di Dio stesso il rapporto di connessione tra i due mondi. Ma è palese dire che tale soluzione verrà poco seguita, ma al contrario si tenderà a risolvere il rapporto in un monismo materialista o spiritualista.
Mi sembra invece che Husserl tenda ad una forma di idealismo che però lascia questa dualità, nel senso che l'errore che egli imputa a Cartesio è quello di aver comunque considerato il cogito, la sostanza pensate come particella del mondo, cioè includendola nel mondo naturale. Per Husserl se ho compreso bene l'io non è parte del mondo ma ne risulta separato, in questo senso la dualità Cartesiana non solo non si risolve ma si acuisce. L'io non solo è separato ma rigidamente senza presupposti, in questo caso, Husserl vira sensibilmente verso l'idealismo Fichtiano, perché un Io senza sfondo, è un Io assoluto, è L'Assoluto.
Credo di aver colto che egli si salvi dal solipsismo conseguente, considerando in primis il mondo come trascendente, governato da un logos (Husserl malgrado il suo cristianesimo propendeva per un Dio dei filosofi, a differenza di Edith Stein di posizione tomistica), secondo nella scoperta dell'intersoggettività, del "mondo della vita" concezione che veniva a ribalaltare la propensione solipsistica della fenomenologia.
Ora qui potrebbe anche fare la sua comparsa Nietzsche e domandare sornione da buon maestro del sospetto se siamo proprio sicuri che L'Io, il cogito non abbiano sfondi ne presupposti, se questa soggettività di cui noi facciamo vanto come idea chiara e distinta non sia invece una sovrastruttura linguistica, se la concezione che noi abbiamo di noi come esseri intenzionali non sia invero il modo entro cui i sistemi di potere ci hanno educato nella morale del gregge, sotto il bastone della colpa, perché solo nell'intenzionalità è possibile essere giudicati come colpevoli.
Poi potrebbe farsi avanti Freud (che tra l'altro seguì anche lui le lezioni di Brentano) e sostenere che quell'io non è affatto vero che non ha dei presupposti, anzi quella finestra che chiamiamo soggetto ha almeno tanto mondo inconscio dentro di lui di quanto ne abbia fuori di lui e che di quegli stati mentali che crediamo di conoscere così bene, sono in verità piuttosto confusi, ma soprattutto quell'intenzionalità crediamo di poter dirigere, non siamo sempre noi ad avere il timone in mano. Di li a dire che la nave della soggettività naviga per i fatti suoi il passo è breve.
Non è tanto che Husserl con la sua separazione da lui operata tra Ego psicologico ed Ego trascendentale sfugga completamente a queste asserzioni, perché il termine intenzionalità ha un significato ambiguo, ovvero tecnico per Brentano, cioè nel senso che la coscienza ha sempre un contenuto, ma anche può significare fuori dalla fenomenologia un agire volontario e appunto "intenzionale". La vera questione della soggettività è tutta qui, io posso accettare l'accezione fenomenologica di intenzionalità e con tutta tranquillità negare l'altra; la coscienza può avere degli oggetti su cui si dirige, ma l'io è solo parte di un meccanismo e quindi un'illusione, è qui secondo me che si dovrebbe svilluppare il discorso.

CITAZIONE
infatti, così come kant asseriva: l'esistenza non aggiunge nessun predicato nuovo al concetto della cosa che eventualmente si tratta, allo stesso modo Husserl: il ricordato, il percepito, l'immaginato non aggiungono nessun predicato nuovo al concetto della cosa. ma sono solo "differenze modali" cioè differenze dei modi di apparire di una cosa.
ecco perchè Husserl rilancia energicamente l'idea di una scienza "eidetica", scienza di "cose in-sé", perchè la cosa in-sé è quel sostrato, quell'eidos che resta identico al variare dei modi di apparire!

MA questi Eidos per Husserl cosa sono? Ho letto alcune interpretazioni di Husserl in senso platonico, ma dato ormai per sconfitto il nominalismo, Husserl come interpreta gli universali? E' un concettualista?



 
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5 replies since 2/10/2007, 09:27   154 views
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