mi permetto di dare un titolo al mio intervento.
Mi concedo uno strappo alla regola, visto che si tratta di un felice (per me) ritorno in patria
. Questo mio discorso sarà di tipo inaugurale diciamo.
Il titolo che darei al mio intervento, con chiaro spirito polemico, è: come se kant non fosse mai esistito.
l'assunto di base è assai allettante:
CITAZIONE
"L'Esperienza serve quanto il Pettine a un Calvo"
Kant ci ha insegnato a distinguere intelletto e ragione. la distinzione kantiana non è un pleonastico giuoco di prestigio. è frutto di una ben precisa necessità: la necessità di individuare piani del sapere.
del resto, poiché non è raro che il filosofo interrogante applichi errori metodologici, kant dichiare illegittime le domande che scaturiscono dai suddetti errori.
l'illegittimità di questa domanda è detta: "parvenza trascendentale".
è parvenza trascendentale cioè chiedere al fisico newtoniano come si spiega la libertà, perchè l'orizzonte di senso della libertà non rientra nel regno dei fenomeni.
Kant del resto tratta la libertà nella critica della ragion pura se non come tema marginale, poichè la prima critica risponde alla domanda: cosa posso conoscere?
nella domanda è pertanto presupposto che una conoscenza sia "possibile".
che una conoscenza sia possibile significa che l'oggetto non solo si da, ma anche che l'essere-oggetto dell'oggetto è una possibilità del darsi dell'oggetto che si da.
o per meglio dire: poiché l'oggetto è pensato come "essente", è allora possibile che sia oggetto di ricerca.
in quanto essente, esso è cosa in-sé.
in quanto pensato, esso è cosa per noi.
il rapporto tra in-sé e per-noi è un problema essenziale ai fini della conoscenza.
Del pari, l'essere-oggetto dell'oggetto non-è perciò stesso l'oggetto come tale.
l'essere-oggetto dell'oggetto è una possibilità, la possibilità che qualcosa si dia come oggetto di sapere.
Se ciò pare lecito, allora è perfettamente fondata la conseguenza che si trae: bisogna tracciare i "limiti" dell'esperienza.
bisogna cioè distinguere, in seno a qualcosa che mi si da, gli orizzonti entro cui questa datità è esperienza oppure no.
Si può anche, non certo senza imbarazzo per chi scrive, distinguere una esperienza scientifica da una esperienza pre-ed-extra-scientifica.
tale terminologia però per me è da superare. nel dire "esperienza scientifica" o "esperienza pre-scientifica", in quanto il discorso sull'essere-oggetto dell'oggetto mira ad individuare le condizioni di possibilità di una scienza in generale, l'esperienza è un punto d'arrivo e la distinzione tra esperienza scientifica e pre-scientifica è ancora da guadagnare. trattasi cioè un discorso cioè di tipo "iniziatico", l'inizio di ogni sapere possibile (che solleva daccapo la perplessità: è pure questo discorso un sapere?).
Le questioni invece che ineriscono all'esperienza scientifica e pre-ed-extra-scientifica sono per così dire discorsi ulteriori, che richiedono delle sintesi preliminari che solo un discorso che parta da zero può fornire.
Esporre cioè il senso che questo mondo ha per noi prima di ogni considerazione filosofica e scientifica in generale è ciò che inerisce alle condizioni di possibilità del sapere, o se preferite, visto che sto citando la conclusione delle Meditazioni Cartesione del caro zio Ed, le condizioni generali di fenomenicità, e quindi di una filosofia fenomenologica autenticamente trascendentale.
Del pari, un dato, una esperienza intesa come hinc e nunc, come ricordo ecc, sono sempre modificazioni fenomenologiche che presuppongono i vissuti di coscienza (Nota bene, da oggi il concetto di coscienza chi scrive lo distingue dal controverso e problematco concetto di Io, di Ego), che presuppongono da una parte la dadità di qualcosa, dall'altra la recettività del cogito indagatore (il termine recettività non implica per nulla che il cogito indagatore sia mera passività, ma che abbia una sua attività legislativa è discussione che non interessa adesso) e la correlatività in cui cogito e cogitato si incontrano e si scontrano.
modificando, privilegiando certe prospettive piuttosto che altre, si sta, senza dubbio, ponendo in luce un aspetto, ma anche escludendone altri. Così il fisico newtoniano che così bene descrisse il cielo stellato sotto il quale kant conobbe la commozione, non ha alcun interesse a fare "esperimenti scientifici", "esperienza scientifica" di un cielo che si da come ricordo, come oggetto di una photo, come lo sfondo di una notte di mezza estate.
Così il fulmine che dipingo sui muri della mia stanza, non è nulla di scientificamente esperibile e verificabile. esso, al più, potrà essere considerato come oggetto di una chimica dei materiali, di una tecnologia dei materiali ecc.
Considerazioni di tal guisa omettono però la possibilità del sapere puramente inteso come tale, poichè riconoscono alla parzialità del proprio punto di vista l'unica legittimità scientifica.
così, la possibilità che qualcosa si dia come oggetto del sapere viene soppiantata e surclassata da un oggetto (che non è più qualcosa), ma è solo il suo esser oggetto, una formula ecc.
Il bacio che si scambiano 2 amanti è solo uno scambio di microparticelle.
ma non è forse questa una esperienza?
Possiamo negare l'evidenza del batticuore? possiamo negare l'evideza del timore del "speriamo non ci becchi mia sorella"?
possiamo negare l'evidenza di quando poi dopo un bacio ci si sorride, magari un pò imbarazzati?
se è "hinc e nunc", non c'è problema, l'evidenza che si da, inconcussa e insurclassabile, è fittizia: infatti passa, passa, passa, il bacio l'ho già dato, gli effetti performativi di questo bacio non hanno più origine, poichè l'origine nel trapassare del tempo si perde. e la traccia, direbbe J. Derrida, di tanto ci mette in cammino verso l'origine di quanto essa l'occulta inevitabilmente.
Dobbiamo allora ricorrere all'esperienza come una miscellanea di considerazioni che si possono trovare sotto il titolo di "uso".
ma anche qui, come ha già messo in luce lo Heidegger di Essere e Tempo, il "si" ha luogo "senza pensarci", meccanicamente, a mò di automi. Heidegger nel far ciò è particolarmente brillante poichè radicalizza l'esperienza scientifica nell'esperienza pre-scientifica e questa nelle condizioni di possibilità generali di ente come il mondo. la mondanità della scienza allora implica che la scienza sia un aspetto dell'esistente, del Dasein.
tale aspetto, poichè particolare e non fondamentale, rende possibile allora il passaggio da una filosofia gnoseologica ad una filosofia ontologica, che taluni hanno chiamato "esistenzialismo", e che in heidegger hanno fatto precursore, iniziatore, talora maestro.
La svolta ontologica, che qui io descrivo senza prender parte, ha allora luogo proprio a partire dal nodo cruciale dell'esperienza.
Kant, come Husserl (in Ideen I), nell'iniziare la sua critica asseriva, quasi dogmaticamente: la conoscenza "inizia" con l'esperienza ma dall'esperienza non scaturisce.
Possiamo allora dire così: al calvo del pettine non importa nulla. importa però la cremina per la nuca...
Edited by EgoTrascendentale - 7/8/2009, 08:00