Ma questo l'ho capito!
Il problema è: che "differenza" fa?
Questa è la domanda fondamentale...
E' proprio questa eternità dell'Io che mi fa rabbrividire, e che cela la direttiva dominatrice del sistema. Una differenza ontologica come la "tua" è inesistente, ininfluente, perchè è facilmente colmata e annullata con un gioco di volontà e superamento. Non "fa" alcuna differenza, non rende conto del problema del vivente, cioè del problema dell'essere così come l'ontologia fondamentale lo ha rispolverato. Non lo fa perchè non ha distinto a sufficienza l'essere dall'ente, non ne ha fatto qualcosa di infinitamente distante e differente, e così ha appiattito anche la differenza fra il sasso nella sua pienezza d'essere, e il vivente nel suo ansimare volontaristico per ciò che gli manca.
Se ti è capitato di leggere un testo come l'Essere e il Nulla di Sartre capisci immediatamente cosa intendo (e si potrebbe parlare molto dei rapporti fra l'esistenzialismo e l'evoluzione del pensiero heideggeriano della differenza ontologica) e quale retroterra abbia questo problema.
Concludendo, penso che l'analisi vada condotta sui rapporti con la volontà. Trovo estremamente approssimativo pensare che si possa annullare la volontà senza finire nella nolontà. Spinoza, Nietzsche e compagnia hanno pensato una volontà di volontà infatti, un raddoppiamento, che non è l'esser-ciò-che-si-è come dicevi tu, ma è la formula che Nietzsche riprende da Pindaro:
diventa ciò che sei. Nel mezzo c'è un abisso di Differenza.