La differenza ontologica

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GiuseppeMP
view post Posted on 9/11/2009, 00:49




Essenzialmente, il mio pensiero non ha niente a che fare con la storia della filosofia, e quindi nemmeno con Spinoza. Questo perché alla base della cultura umana è collocato l'opposto di quello che vado dicendo : viene detta la non eternità di ciò che vediamo. (Poi sicuramente ci sono delle analogie con Spinoza e altri, ma non fondamentali).

L'essere (il Tutto pieno) non è un ente tra gli enti, ma è "anche" un ente tra gli enti, in quanto include enti che sono tra altri enti. L'essere è l'esistere come ente di ogni singolo ente. Giacché è anche uguaglianza diversificantesi, nel passato e nel futuro (infinito).
"Uguaglianza che si diversifica", ossia genere che si specifica. E nello svolgimento all'infinito dell'essere nella finitezza dell'apparire appare un Io che via via si configura in forme sempre diverse, ma che hanno in comune un orizzonte semantico : l'apparire dell'essere.
Ma l'essere non è semplicemente questo Io, perché questo Io è tale nel suo essere incluso in quell'Io NON diveniente che è il Tutto concreto dell'ente.
L'infinito (= l'esser sé non contraddicentesi = l'essere ciò che si è, in un modo o nell'altro) appare; ma appare come superante il finito (= l'esser sé in contraddizione con sé = l'essere ciò che si è, in un certo modo piuttosto che in un altro); e nel finito appare la volontà di essere diversi da come si è (= appare la volontà di potenza della contraddizione che accade sullo sfondo dell'apparire astratto); e in esso appare ancora la necessità che affiori il superamento finale, e all'infinito, di tale volontà.
 
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Sgubonius
view post Posted on 10/11/2009, 00:35




Ma questo l'ho capito! :lol:

Il problema è: che "differenza" fa?
Questa è la domanda fondamentale...

E' proprio questa eternità dell'Io che mi fa rabbrividire, e che cela la direttiva dominatrice del sistema. Una differenza ontologica come la "tua" è inesistente, ininfluente, perchè è facilmente colmata e annullata con un gioco di volontà e superamento. Non "fa" alcuna differenza, non rende conto del problema del vivente, cioè del problema dell'essere così come l'ontologia fondamentale lo ha rispolverato. Non lo fa perchè non ha distinto a sufficienza l'essere dall'ente, non ne ha fatto qualcosa di infinitamente distante e differente, e così ha appiattito anche la differenza fra il sasso nella sua pienezza d'essere, e il vivente nel suo ansimare volontaristico per ciò che gli manca.

Se ti è capitato di leggere un testo come l'Essere e il Nulla di Sartre capisci immediatamente cosa intendo (e si potrebbe parlare molto dei rapporti fra l'esistenzialismo e l'evoluzione del pensiero heideggeriano della differenza ontologica) e quale retroterra abbia questo problema.

Concludendo, penso che l'analisi vada condotta sui rapporti con la volontà. Trovo estremamente approssimativo pensare che si possa annullare la volontà senza finire nella nolontà. Spinoza, Nietzsche e compagnia hanno pensato una volontà di volontà infatti, un raddoppiamento, che non è l'esser-ciò-che-si-è come dicevi tu, ma è la formula che Nietzsche riprende da Pindaro: diventa ciò che sei. Nel mezzo c'è un abisso di Differenza.
 
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GiuseppeMP
view post Posted on 10/11/2009, 16:03




La "differenza" (della differenza ontologica) non è tra essere (cosa intendi per "essere"?) ed ente, ma tra l'esser sé dell'ente in quanto ente (cioé di ogni ente) e l'esser sé dello stesso ente ma in quanto formalmente collocato; in altre parole : tra l'essere (= l'esser sé totale) e l'esserci; in altre parole ancora : è tra l'Io del Tutto concreto che in ogni caso appare, e lo stesso Io che appare in questo o quel caso.
 
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Sgubonius
view post Posted on 11/11/2009, 04:01




Si capisco benissimo (e ribadisco che non vedo una distanza enorme con i principi di essentia ed existentia, soprattutto dal punto di vista strettamente ontologico), ma vale il discorso di sopra. Heidegger ha scritto molto meglio di me su tutto questo, lavorandoci una vita, io potrei solo ripeteterti in maniera molto imbruttita le sue analisi.

Per essere cosa intendo? Bellissima domanda! :P
L'essere che si differenzi davvero ontologicamente dall'ente si definisce sostanzialmente per via negativa (ci si riallaccia a tutta una tradizione di teologia negativa), dato che deve essere totalmente "Altro" dagli enti, e che noi possiamo ragionare in maniera positiva solo sugli enti. Beninteso questo non è un negativo dialettico, è il negativo della differenza, cioè il problematico. Ecco perchè è una bellissima domanda, perchè è una domanda!! L'essere viene pensato (ed è l'unica fonte di pensiero autentico) solo come problema (ho forzato un po' ma l'idea è questa). Pensare lo svelamento dell'aletheia senza questa differenza abissale rende l'ontologia del tutto superflua, e con essa tutto il pensiero.
Ti rimando poi a qualunque scritto di Heidegger post 1930 se vuoi approfondire, comunque a mio parere già prima che Severino scrivesse i suoi libri, le critiche di Heidegger erano tutte pronte e valide. Discorso analogo a quello di Gadamer che attese la morte del maestro per evitare il suo sguardo severo, e fare così un passo indietro rispetto a quanto già pensato.
 
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18 replies since 3/11/2009, 19:58   828 views
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