Bibbia ed Evoluzione

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view post Posted on 11/2/2010, 21:14
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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CITAZIONE
La leggi di natura non "sono quel che sono". Non sono un Dio a cui abbiamo tagliato la testa per meglio renderlo disponibile ai nostri scopi, le cosiddette "leggi" sono un prodotto culturale che certo funziona a fini strumentali, ma che non è affatto detto che funzioni perchè sia vero.

Prodotto culturale?
Come può qualcosa che, come lei afferma, "funziona strumentalmente" non essere verità?

Si parla di universo tecnicamente privo di dèi.
E, quand'anche Dio fosse, si esprimerebbe attraverso leggi che noi traduciamo nel nostro linguaggio.
L'unico linguaggio possibile è quello matematico.
E non ha nulla di "statico" o "dogmatico", beninteso, ché, come premesso all'inizio, è la limitatezza umana a non concepire l'univocità.
Ma l'univocità, di fatto, esiste.
Esiste nel nostro corpo, come anche nei sistemi complessi fuori di noi.

E qui non si discorre di filosofie, ma di matematica.

Faccio presente che il "work in progress" cui lei s'appella non intacca per nulla l'idea di perfetto.
Mi rammento del concetto di infinito, ad esempio, che è emblematico e non descrive certo universi conchiusi - per dirla con Parmenide - in una sfera perfetta.
Le progressioni aritmetiche, peraltro, sono infinite.
 
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Farvat
view post Posted on 12/2/2010, 13:39




dm
CITAZIONE
Prodotto culturale?
Come può qualcosa che, come lei afferma, "funziona strumentalmente" non essere verità?

Diamoci pure del tu se non ti scomoda
Ti rigiro la domanda: Come mai tu pensi automaticamente che una teoria funzionante con successo in ambito pratico-scientifico sia per forza connessa alla sua verità? In ambito scientifico gli unici a parlare velatamente di verità, sono i neo-darwinisti e lo fanno per meri motivi ideologici, perchè è dai tempi del crollo del sintetico a priori kantiano che la scienza ha abbandonato le sue pretese veritative. Non perchè abbia voluto sia chiaro, ma per forza maggiore.
Il problema sta nell'assenza di fondamento, perchè credi che Husserl si sia dato tanto da fare? Perchè credi che parli di "crisi delle scienze europee"? Perchè la scienza malgrado tutti i suoi successi non è riuscita nel suo intento ultimo che era quello della costituzione di un fondamento epistemico, in senso greco. Quando la sorella di una mia amica, che fa di mestiere la chimica, mi disse tutta soddisfatta, che essa è una scienza "ben fondata" voleva dire solo una cosa: che la scienza per sentirsi forte necessita di un oblio originario della su infondatezza, e della presunzione secondo cui da qualche parte pensiero ed Essere si tocchino. Il punto è che la filosofia post-moderna è una presa d'atto dell'implosione della filosofia moderna, che nasce dalla lacerazione di Apparire ed Essere. La matematica potrebbe essere quel punto dove è di nuovo possibile l'adequatio, ma ci sono grossi dubbi su questo, in quanto seppur potrebbe esserci una "armonia prestabilita" questa non trasforma la dualità in unità. La dualità resta dualità, ci sono comunque due mondi separati. Questo problema che è il problema ultimo, il problema che dice "io sono il problema stesso", non è un problema che si può risolvere, si può solo dissolvere. Come diceva Hegel "la conoscenza deve chiudere la ferita che essa stessa è" ma se pensi che la scienza possa rimarginare questa lacerazione ti sbagli di grosso, perchè essa si alimenta di questa lacerazione, più si autopotenzia, più la ferita si apre e sanguina e tutto per un unico scopo: Trovare il Fondamento. Ma il fondamento non è qualcosa che puoi trovare, Il Fondamento non è un ente tra gli enti. Non è qualcosa che una qualunque tipo di tecnica o metodo possa contribuire ad afferrare. Ed è allo stesso modo insensato credere alle parole di Popper secondo cui "la Ricerca non finisce mai." Un programma epistemico che non realizza se stesso in un numero finito di passi non serve a niente, illude semmai del senso ma occulta il suo intimo non-senso. Il programma epistemico greco era una ottimistica follia ma almeno un senso l'aveva, "noi cercheremo l'Aletheia e ci si siederemo saldamente sopra" certo bravi, peccato che "cercare" non era prorpio la stessa cosa di "ricordare".
Heidegger aveva capito bene tutto questo, tranne naturalmente la cosa più importante, che i greci non sono la soluzione al problema, i greci stessi sono il problema!

CITAZIONE
Si parla di universo tecnicamente privo di dèi.

Direi che questo è il più evidente sintomo della malattia che la cultura occidentale ha prodotto e che sta globalizzando con grande impegno. Questa è la pandemia di cui dovremmo preoccuparci. Ma la tecnica era un destino, a suo modo epico e glorioso ma della luce di cui muoiono le stelle, purtroppo...
 
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The Shrike
view post Posted on 12/2/2010, 14:08




CITAZIONE
la sorella di una mia amica, che fa di mestiere la chimica, mi disse tutta soddisfatta, che essa è una scienza "ben fondata"

Non solo, se mi permetti, Far, una nota, che nulla vuole togliere al tuo scritto, anzi, aggiungerei anche il Diritto. Proprio nell'altra discussione stiamo discutendo del Kelsen che ad un certo punto delle sue riflessioni deve arrivare a dire che il Diritto si auto-fonda di suo, senza dover discutere per nessuno. In tal modo, posta la costituzioni (o oggi, gli organismi internazionali) nessuno ha il diritto di discutere, perché è la pietra angolare originaria su cui si fonda la società e non va messa al tribunale (della ragione). Eppure questo è uno stravolgimento alla base (per quanto abbia trovato fortuna in tutte le costituzioni del novecento) del concetto di Diritto. I romani dicevano ius, ma da ius deriva Iustitia (Giustizia). Il grande Giurista Ulpiano (ovviamente, volontariamente) disse che il Diritto (Ius) derivava da Giustizia (Iustitia), non per indicare che era ignorante di etimologia, ma per dire che chi studia il diritto debba conoscere la giustizia e farla suo idea. Infatti la Giurisprduenza "est divinarum atque humanorum rerum notitia , iusti atque iniusti scientia" ovvero "annuncio delle cose divine ed umane, CONOSCENZA ESATTA del giusto e dell'ingiusto". Ed in questo, perdendo la sua certezza moderna, il diritto, in quanto scienza, non trova modo di affermarsi senza giustificarsi (anche perché, chi ha tentato di giustificarsi sono stati i nazisti ed i comunisti, quindi era da rigettare l'orrore dell'esperienza totalitaria). Questo, se mi permetti la nota alle tue acute osservazioni Far, è un altro sintomo della patologia del presente.
 
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Sgubonius
view post Posted on 13/2/2010, 06:41




Credo che con Farvat finiremmo per ripetere le stesse cose, almeno da alcune paroline che ha piazzato mi sa che i riferimenti sono i medesimi!

Dico solo una cosa molto spiccia: credo Laura che il funzionare della scienza ne mostri (internamente) la validità, ma è un cane che si morde la coda dato che la scienza è concepita proprio per funzionare, il metodo scientifico per testare il funzionamento e dominare "l'ente" con la tecnica. Ma la "verità" è altro, come il "senso", sono parole che appartengono alla filosofia. Non per una qualche gerarchia, ma semplicemente perché la filosofia si pone questi problemi e la scienza no. Applicare l'una all'altra non ha molto senso. Se la scienza discutesse i suoi assiomi sarebbe filosofia, e se la filosofia si desse ad un metodo sperimentale sarebbe scienza.

Sarebbero quindi da considerare quelle affermazione che ampliano delle pretese di oggettività oltre il campo matematico/sperimentale (per esempio il fatto che ci sia come detto da Farvat una convergenza prestabilita dei mondi e che i relativismi siano il falso, cosa che la scienza stessa con Einstein e co. ha molto rivalutato). Heidegger ha plurimostrato come sia facile dimenticare di essersi dimenticati (cioè pensare che l'inizio sia qualcosa che invece noi stessi ci siamo imposti).
 
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alice_w
view post Posted on 15/2/2010, 09:15




CITAZIONE
Se la scienza discutesse i suoi assiomi sarebbe filosofia, e se la filosofia si desse ad un metodo sperimentale sarebbe scienza.

Ricordo che è proprio la rivoluzine scientifica moderna che ci ha abituato a pensare in questo modo. :)

 
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Sgubonius
view post Posted on 15/2/2010, 15:52




CITAZIONE (alice_w @ 15/2/2010, 09:15)
CITAZIONE
Se la scienza discutesse i suoi assiomi sarebbe filosofia, e se la filosofia si desse ad un metodo sperimentale sarebbe scienza.

Ricordo che è proprio la rivoluzine scientifica moderna che ci ha abituato a pensare in questo modo. :)

Perché ha reso indipendente la scienza dalla filosofia, le ha distinte.

Per la filosofia che per esempio il sole giri intorno alla terra o viceversa è di per sé un problema poco importante. La rivoluzione copernicana per i filosofi è semmai quella kantiana (che va al soggetto trascendentale, quasi all'opposto di quella scientifica che mette al centro il sole, l'esterno, e non la terra, l'interno).

E' chiaro che messe così le cose sorge la domanda di quanto Feuerbach sia interessante per la filosofia. Senza arrivare a Marx.
 
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alice_w
view post Posted on 16/2/2010, 00:33




Io con me parlo sempre di distacco della scienza dalla filosofia, le cui condizioni che ne tracciano la possibilità di realizzazione, prima ancora del complesso fenomeno della rivoluzione scientifica sono da rintracciare nell'autonomia della scienza così come l'aveva pensata e realizzata Tommaso. Ma a parte questa mia notazione (della cui discutibilità sono cosciente), il punto importante è questo:
CITAZIONE
Per la filosofia che per esempio il sole giri intorno alla terra o viceversa è di per sé un problema poco importante. La rivoluzione copernicana per i filosofi è semmai quella kantiana (che va al soggetto trascendentale, quasi all'opposto di quella scientifica che mette al centro il sole, l'esterno, e non la terra, l'interno).

Sono, in parte, d'accordo.
Sinteticamente, perchè ora sono parecchio assonnata, per me è così:
la domanda "Cos'è l'uomo?" kantiana è (e, sottolineo, non solo) il gesto filosofico che permette - allora - alla filosofia di non estinguersi.
Ma, ciò non toglie che sia nata anche dall'aver reputato importante l'immagine scientifica di un mondo in cui la terra gira intorno al sole, le conseguenze per l'uomo e i metodi utilizzati per formarla.
 
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Sgubonius
view post Posted on 16/2/2010, 01:59




Sono un discreto lettore (e discreto appassionato, non lesionando critiche) di Heidegger, quindi capisco perfettamente come "l'origine della tecnica" possa radicarsi in San Tommaso o perfino in Platone e Aristotele quando il linguaggio è complice.

Io penso che la filosofia si possa estinguere per un meccanismo da "selezione naturale" darwiniana (se Nietzsche distingueva fortemente la Volontà di Potenza dal darwinismo un motivo c'è), in quanto non ha come dogma l'effetualità e la funzionalità (e qui Heidegger non ha letto tanto elasticamente Nietzsche), e quindi si estingue dall'insieme degli enti perché nel tempo non può competere con la "volontà di presenza" (da opporsi alla potenza, in parte come la dynamis all'energheia-actualitas, ma bisognerebbe affrontare la questione Leibniz). Ma questo suo estinguersi è la sua stessa natura, il suo destino, la sfida impossibile che la renderà sempre affascinante e necessaria all'ultimo.
(Ovvero: la differenza ontologica è sempre destinata a mostarsi celandosi, sottraendosi, per l'appunto come "differenza", cosa che poi ha capito benissimo la generazione degli anni 60 in francia: Deleuze e Derrida in primis)

Non so quindi quanto la domanda "che cos'è" (ti esti;) possa mantenere in vita un pensiero puramente filosofico ed estraneo da qualsivoglia scienticismo, almeno se prendiamo le "categorie" stagne di Heidegger. Forse in Kant c'era qualcosa più che solo questa domanda "cosa è", c'erano le domande "cosa posso" (nella triade soll, darf, kann). La distanza incolmabile fra un pensiero dell'essenza-presenza e uno della potenza è dove piuttosto mi pare si liberino le forze più sorgivamente filosofiche, che lavorano in una circolarità sempre problematica, sempre differentesi. Soprattutto io trovo straordinaria la domanda della critica della ragion pura, was kann ich wissen, perchè è intrinsecamente circolare e regressiva all'infinito: come posso sapere di poter sapere quello che posso sapere? ecc.. Si tratta evidentemente di una (gaia) scienza del (eterno) ritorno e della (volontà di) potenza, almeno nelle premesse (e Deleuze vede proprio in N. un continuatore del criticismo kantiano!)
 
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alice_w
view post Posted on 17/2/2010, 15:08




CITAZIONE
Io penso che la filosofia si possa estinguere per un meccanismo da "selezione naturale" darwiniana (se Nietzsche distingueva fortemente la Volontà di Potenza dal darwinismo un motivo c'è), in quanto non ha come dogma l'effetualità e la funzionalità

ma ha dei dogmi allora? - c'è da chiedersi.
Dire che non ha come dogma l'effettualità e la funzionalità esclude questo, ma non che non ne abbia.

Edited by alice_w - 17/2/2010, 16:03
 
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Sgubonius
view post Posted on 19/2/2010, 02:54




CITAZIONE (alice_w @ 17/2/2010, 15:08)
ma ha dei dogmi allora? - c'è da chiedersi.
Dire che non ha come dogma l'effettualità e la funzionalità esclude questo, ma non che non ne abbia.

Altra domanda grande come un mondo...

Credo che la filosofia abbia dei dogmi, ma contemporaneamente ne faccia pensiero, se ne dia pensiero. Rimando (incrociato) all'altro topic, dove citavo Dostoevskij che distingueva l'uomo d'azione dal contemplativo nella semplice distinzione fra chi si ferma ragionevolmente ad un certo livello di dubbio, perché ha ormai stabilito un sufficiente "intervallo di confidenza" (termine chiave in statistica) in cui lavorare, e chi ostinatamente si ripone domande inevitabilmente circolari.

Mi ritrovo a dover menzionare Derrida, che a partire dalla filosofia "della domanda" così come la leggiamo in Heidegger, ha voluto scavare nei suoi presupposti, nei suoi dogmi (per H. una certa "filia" con l'essere, che rende la domanda sul senso dell'essere il destino/storia umano). Questo non per eliminare il dogma della Fragwurdigkeit, ma per affermarne la circolarità (è domandando e dubitando che si ha fede nel dogma della domandabilità e della dubitabilità, misterioso gioco del negativo non dialettico, cioè del problematico).

E' chiara quindi anche la questione della Differenza Ontologica (o di ogni differenza non concepita come negativo dialettico, opposto dell'identità). Da una parte la domanda/problema sull'essere, insolubile, circolare, dall'altra il "quiz" sull'ente, che su base effettuale (la verità-esattezza come valore ecc...) riempe progressivamente un integrale di caselline. Ma che ne è degli spazi in mezzo, del residuale di ogni differenziazione (che è qui la pretesa di sottomettere la differenza all'uguale) per quanto precisa?

Chiudo citando rapidamente da un frammento per la Volontà di Potenza di Nietzsche:
<< la "mancanza di scopo in sé" sia il nostro dogma >>

Edited by Sgubonius - 19/2/2010, 03:21
 
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alice_w
view post Posted on 19/2/2010, 23:08




CITAZIONE
Ma che ne è degli spazi in mezzo

Magari (e forse, perchè non riesco - purtroppo - a pensarla bene questa differenza ontologica) sarebbe il caso di rinunciare a volerli rappresentare.
 
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Sgubonius
view post Posted on 20/2/2010, 18:25




CITAZIONE (alice_w @ 19/2/2010, 23:08)
Magari (e forse, perchè non riesco - purtroppo - a pensarla bene questa differenza ontologica) sarebbe il caso di rinunciare a volerli rappresentare.

Per la verità non si fa altro che pensare questa differenza, ma come hai detto, forse involontariamente, molto bene, il problema è quello della rappresentazione. Sono stati citati Heidegger, Deleuze, Derrida: 3 filosofi che hanno detto peste e corna della rappresentazione. Uso un'immagine deleuziana che mostra molto bene questo "limite".
Il problematico (che è in stretto rapporto con la differenza e con la struttura del pensiero) si potrebbe rappresentare come il famoso problema delle coniche: un cono sezionato in vari modi origina varie curve. Ma da un punto di vista concettuale le diverse figure permangono per quanto vicino si vada al vertice del cono, fino al limite in cui esse sono tutte "implicate" nel vertice stesso.
Ma, rappresentativamente, nel vertice (in qualunque vertice) non è possibile vedere l'infinità di rapporti differenziali che pure sono implicati in esso, a meno di tracciare delle linee e attualizzare delle virtualità. Sommando (integrando) le virtualità (com)possibili si presume di aver esaurito il problema, ma si è sacrificato al dio della rappresentazione (Apollo) l'impercettibile essenza problematica, incompossibile, della differenza (Dioniso?).

(una analisi analoga è quella che Heidegger conduce in Sein und Zeit sul tempo "volgare" da Aristotele ad Hegel, che Derrida riprende in Marges)
 
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26 replies since 3/1/2010, 06:02   824 views
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