la malattia mentale

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EgoZero
view post Posted on 9/11/2008, 09:35




ne vogliamo parlare ragazzi?
ho trovato questo link che mi pare possa essere un valido punto di partenza.

Che cos'è la malattia mentale?
 
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Farvat
view post Posted on 9/11/2008, 17:06




Ho da poco iniziato a seguire due corsi di psicologia, al termine di uno di di questi sono rimasto sconcertato a contemplare i miei appunti, sembrava un trattato divulgativo di biogenetica. Continuavo a chiedermi, ma questo è un corso di biologia o psicologia? Ma sopratutto come mai questo costante riferimento al metodo scientifico sperimentale, come mai questo tentativo da parte della psicologia di farsi riconoscere come una scienza naturale? Ma siamo sicuri che la psicologia possa dirsi "scienza"?
La cosa sorprendente che hanno in comune i due corsi è che entrambi danno per presupposto il fatto che la psicologia possa essere definita come "scienza" adombrando completamente il fatto che questo non è per niente dimostrato e che vi sono stati portati molti argomenti nel corso della sua storia contro tale tesi.
Quando ci chiediamo cos'è la malattia mentale ci riferiamo a comportamenti anomali rispetto a quelli che la comunità ritiene normali e qui cominciano i problemi: la domanda più ovvia ma anche più inquietante: ma normale che vuol dire? Un comportamento è nella norma quando sta all'interno delle regole, ma queste regole sono assolute?
Cito questo passo dello scritto da cui la descrizione si muove:

...non esiste esperienza umana che non sia stata considerata sensata in qualche cultura o epoca, o che, al contrario, non possa diventare insensata in altre culture e epoche. Mentre non sembrano esserci differenze sostanziali sul modo di funzionare del cuore e dei polmoni di un buddista e di un cattolico, nell'anno mille o alla fine del ventesimo secolo, il loro cervello sembra funzionare in un modo del tutto diverso e elaborare via via concetti e idee sempre nuove.

Qui subentra il vecchio rapporto Natura-Cultura che nell'ambito del paradigma evoluzionista Neo Darwiniano, viene valorizzato dal fatto universalmente riconosciuto in ambito scientifico che l'evoluzione biologica e quella culturale presentano velocità di sviluppo completamente diversi. La Cultura evolve in modo enormemente più rapido di quella biologica ma non solo essa tende addirittura ad accelerare sempre di più. Riferendoci alle regole che definiscono comportamenti normali e patologici, queste sono biologiche o culturali? Se sono culturali si corre il rischio abbastanza evidente che esse siano relative, storicistiche e formalmente convenzionali, ergo il loro valore scientifico viene meno, ma se sono biologiche finiamo nel ridicolo mettendo sotto analisi animali di ogni specie. Per certi versi ormai esiste un vasto sviluppo della psicologia degli animali domestici, ma io dubito che uno psichiatra perderebbe tempo a definire malata la mantide che decapita il maschio durante l'amplesso, c'è chi sostiene in modo suggestivo che si comporti così per prolungare l'orgasmo, ma risulterebbe ridicolo se qualcuno proponesse cure psichiatriche, internamento e via dicendo per l'intera genere femminile della specie. Quel comportamento non si presenta sempre, ma risulta "normale" in quanto pare diffuso ed abbastanza comune tant'è che la mantide sono famose simbolicamente per questo.
Allora parliamo della specie "uomo" che noi definiamo ormai come "animale culturale", ora Aristotele non ha mai scritto che l'uomo è una "animale Razionale" visto che non era un ingenuo, ma ha definito l'uomo come "animale politico dotato di Logos", Logos va letto in senso di linguaggio. La contemporaneità ha sempre più riconosciuto la peculiarità della specie umana come culturale, in quanto in senso antropologico cultura vuol semplicemente dire "tutto ciò che l'uomo fa". E' evidente che mentre ci definiamo il nostro pensiero entra in paradossali circolarità, noi definiamo la "natura" con gli occhiali della cultura e incredibilmente la cosa più invisibile è proprio la natura, cioè siamo di nuovo nel problema della rappresentazione e della "cosa in sé". Se la cultura si modifica e cambia, come facciamo noi a determinare esattamente e "metafisicamente" ciò che per la psiche è segno di patologia:
Ovvio persino il bambino lo sa, ce lo dice la "Ragione". La Ragione è il faro nell'oscurità, essa ci guida nella perfetta discriminazione tra Essere e Non-essere, Vero e Falso, Sano e Malato. Nella Ragione essere e dover-essere si saldano e diventato anzi scusate... Sono tutt'uno. Hegel è una delle più esemplari esibizioni di questo paradigma che si unisce a quello illuminista della concezione del tempo come Progresso: Il passato è il male e l'ignoranza, il futuro è il bene e la conoscenza. Nel passato l'uomo era un po' ignorante e pure un po' matto ma col passare del tempo egli diventa più sapiente e ragionevole, la malattia mentale è un inconveniente come lo è il raffreddore o il cancro; al massimo gli si riconosce la potenzialità di sviluppare la creatività umana in alcuni soggetti, sempre che questa sia utile alla Ragione nel suo cumulativo rischiaramento della tenebra del mondo.
Se non pensi così sei "irrazionale" che è l'anticamera del manicomio, ti salvi perché risulti "eccentrico", "artista", "creativo", un "matto buono" sfruttabile economicamente, il frutto della biodiversità, del "mondo è bello perché è vario". Però quando superi la soglia imposta "naturalmente" dalla ragione allora comincia l'ora della cura psichiatrica, che cerca di rimettere l'animale sfuggito alla ragione nel suo recinto. dove deve stare. Tutto questo ha un solo nome: IDEOLOGIA.
 
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Uskebasi
view post Posted on 10/11/2008, 15:55




sicuramente la psicologia da quattro soldi è proprio quella che vuole cinsiderarsi scienza nella misura in cui considera scienza la disciplina che fa in modo che uno piu uno dia sempre due.
La risposta alla domanda "cos'e' malattia mentale?" e da ricercarsi negli effetti che lo stato psichico produce.
Se un determinato stato psichico produce nocumento per la persona e per gli altri allora si puo dare malattia mentale , ma in un senso piu salvifico per la persona che commette certe azioni che non di condanna.
Certamente malato è il serial killer, sicuramente sano è colui che crede nella reincarnazione.
Detto questo, con la logica del materialismo ingenuo, che crede che l'amore sia il risultato di un processo chimico e cazzate varie, io sarei malatissimo solo per il fatto che talvolta dimentico come si conta.
 
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Charlotte Stein
view post Posted on 10/11/2008, 20:52





La mantide decapita il maschio durante l'amplesso per favorire l'accoppiamento
e dunque la conservazione della specie.
Il ganglio cerebrale ha nel maschio un'azione inibitoria dell'attività sessuale. Tolta la testa tolto l'ostacolo!

La natura...è grande!
 
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Uskebasi
view post Posted on 11/11/2008, 23:09




le mantidi mi fanno schifo proprio per quello.per il resto sono insetti simpatici.
 
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Farvat
view post Posted on 19/11/2008, 17:24




CITAZIONE
sicuramente la psicologia da quattro soldi è proprio quella che vuole cinsiderarsi scienza nella misura in cui considera scienza la disciplina che fa in modo che uno più uno dia sempre due.
La risposta alla domanda "cos'e' malattia mentale?" e da ricercarsi negli effetti che lo stato psichico produce.
Se un determinato stato psichico produce nocumento per la persona e per gli altri allora si può dare malattia mentale , ma in un senso piu salvifico per la persona che commette certe azioni che non di condanna.
Certamente malato è il serial killer, sicuramente sano è colui che crede nella reincarnazione.
Detto questo, con la logica del materialismo ingenuo, che crede che l'amore sia il risultato di un processo chimico e cazzate varie, io sarei malatissimo solo per il fatto che talvolta dimentico come si conta.

Il punto è che la "psicologia da quattro soldi" è nella sua formulazione epistemologica come psico-fisiologia l'atteggiamento dominante intriso da quel dualismo Cartesiano che immancabilmente segna tutta la nostra concezione della psiche e del mondo. Psiche e mondo non sono mai intesi come correlati di un atto intenzionale, ma separati al fine di essere "spiegati" scientificamente e mai "compresi". C'è nell'atteggiamento che la psicologia ed espressamente nella psichiatria un'idea puramente somatico-biologica della psiche e dato che proprio la psiche è ciò che non si può veramente spiegare, essa si riduce a quell'epifenomeno che si spiega causalmente come un prodotto delle attività biologiche ed inconsce che dal basso salgono producendo gli effetti che emergono in alto, come il fuoco produce il fumo. Psiche e mondo non vengono mai considerati come unità, correlati di un unico atto intenzionale separabili solo al fine analitico dell'indagine considerando sempre che questa dicotomia tra corpo e mondo è una pura finzione.
La tua definizione di malattia mentale come individuabile in merito agli effetti dannosi che produce per la comunità o il soggetto stesso, è sospetta, si presta a troppe interpretazioni inquietanti. Il diverso come ci ha insegnato a pensare Girard è da sempre, attraverso la mimesi, tramutato in capro espiatorio al fine di sublimare la violenza e l'angoscia collettiva, che in tale modo trova equilibrio e stabilità. L'apparato statale che è nato per gestire questi rapporti sacrificali, è naturalmente portato a utilizzare tale metodo al fine di conservarsi ed è sempre a caccia di nuovi soggetti/oggetti sacrificali da fornire alla comunità alla fine di saziare il suo bisogno atavico e cannibale.
Il problema è l'interpretazione dei confini che separano sanità mentale da patologia ed i confini sono disegnati dalla geografia "politica" che è un prodotto della storia. Qui non si intende affatto negare la psicosi, ne venire a raccontare che essa si cura con un po' di psicoanalisi o qualche pillola, si intende venire ad affermare che l'alienazione in tutte le sue forme è un prodotto della società che la produce come forma di possibilità dell'essere-nel-mondo. La nostra civiltà occidentale somiglia sempre più ad un manicomio, dove gli attori cioè i soggetti sono sempre più "segni sulla sabbia" in attesa che il vento li cancelli come Foucault ha duramente dichiarato. La psicologia ha sempre più la funzione di riprendere chi da segni di rinsavimento, chi prova a saltare il cancello e vedere cosa c'è oltre la gabbia sociale che ci rinserra la mente. Siamo sempre più lontani da noi stessi, sempre più persi e alienati nell'intrattenimento, nella virtualità dove la libertà è concessa perché produce profitto e non da alcun fastidio. Persino la sessualità, l'unica forma di libertà rimasta è morta, ridotta al suo simulacro: il sesso.
I Serial Killer, l'etimo dice tutto, si tratta di un sottoprodotto della società industriale, l'assassinio ripetuto nelle forme della produzione di massa, una prassi paradossale di liberazione che il soggetto esplica nell'unica forma che il soggetto conosce in modo innato: la catena di montaggio. La masse informi venerano i serial Killer perché sono gli eroi della post modernità, si venera per mimesi tutto ciò che non si può essere. Il serial killer nel suo "io uccido" dice "io sono libero, io sono la baccante che corre libera dalle catene della civiltà sui monti e nei boschi, Sublime e Selvaggia invasata da Dioniso, Io sono la mantide che decapita il maschio nell'amplesso, Deus sive Natura, La natura è... Grande!" poi si giustifica e dice che è razionale ai fini della prosecuzione della specie, il "pallido delinquente" di Nietzsche che ammazza per il puro gusto di farlo e poi ruba qualcosa per giustificarsi.
La vita nelle catene sociali è un tutto:"un vorrei ma non posso, non si deve...", desideri inconfessabili perfettamente coscienti che ci abitano e vengono sublimati da qualche altra parte, si fa la strage quotidiana in un videogame e poi ci si guarda allo specchio come se nulla fosse, c'è chi non ce la fa più e rivela quello che tutti nascondono sotto la pelle e si avvia da solo al patibolo della follia.
La psicologia è qui per questo, riaccoglierci nella comunità quando scavalchiamo il muro, quando tentiamo l'uscita della caverna, ci avvolge nel suo caldo abbraccio, nella sua camicia di forza e ci dice sorridendo "ben tornato a casa", non serve a niente dire che quelle sulle pareti sono solo ombre e che la fuori c'è qualcos'altro, quando vi domandano increduli cosa mai abbiate mai scorto oltre il consentito, con gli occhi ancora accecati, la voce tremante rispondete :"semplicemente la Vita... nient'altro che la Vita...".
La Vita non esiste! E' un mito così come il Soggetto, solo illusioni. Comincia cosi il processo della sedazione, efficientemente vengono collegati i fili e mentre la corrente vi attraversa cominciate ad urlare. Vi ritrovate un bel giorno, perfettamente calmi, seduti di fronte ad un medico in una stanza tutta bianca e asettica che vi domanda:"pensi ancora che ci sia qualcosa la' fuori?" ormai certi rispondete:"non c'è nulla la' fuori." ed è finita, siete guariti, siete di nuovo dentro la gabbia, siete sani e finalmente "liberi".

Edited by Farvat - 19/11/2008, 17:44
 
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GiuseppeMP
view post Posted on 19/10/2009, 11:19




La malattia mentale, in senso assoluto, è l'apparire dell'essere in quanto mancante di ciò che pur possiede nella dimensione totale degli enti.
Ma altro è questa malattia e altro la malattia mentale della volontà di potenza, che vuole impadronirsi delle cose senza avere la capacità reale di farlo.
L'apparire che manca di qualcosa è la malattia che ha come contenuto l'ente; la volontà di potenza è la malattia che ha come contenuto il nulla.
Poi, all'interno della volontà di potenza, ci si illude che, ad esempio, l'assassino sia malato e che invece uno scienziato non lo sia : ma questa è la logica dell'interpretazione contraddittoria attualmente in luce, cioé dell'illusione.
 
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Sgubonius
view post Posted on 22/10/2009, 23:26




Non ho capito bene cosa intendi Giuseppe, ma mi pare che le categorie siano un po' male inserite per un problema del genere, tanto per quanto riguarda essere/ente che per quanto riguarda la volontà di potenza. La volontà di potenza semmai ha qualche affinità con schizofrenia e follia, e il problema dell'essere è qualcosa di totalmente differente da questi problemi che non hanno alcunchè di ontologico, sono clinici semmai.

Io penso che della malattia si debba occupare la medicina che è il suo contraltare, solo una medicina statutoria può decidere cosa è malattia statutoriamente (evidentemente coi suoi metodi che non ha senso disquisire qui, ma che evidentemente avranno a che fare con un certo "bene comune della società" e "buon senso comune" della normalità). Se vogliamo analizzare da un punto di vista filosofico la malattia mentale possiamo al più limitarci ad una questione logica (chi dice A è diverso da A è pazzo) ma allora metà dei filosofi sono matti da legare, e non mi pare che in fondo la logica sia filosofia. Altrimenti è semplicemente un problema mal posto. Farvat ha detto bene parlando di ideologia, quantomeno se intendiamo con ideologia l'abuso di una disciplina sulle altre (per esempio una filosofia che anzichè starsene per le sue voglia imporsi alla medicina). La psicanalisi deve ritagliarsi il suo spazio senza voler passare sopra la psichiatria e quindi senza volere lo statuto di scienza. Ha le sue logiche (Lacan è maestro in questo) e il suo campo.
 
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GiuseppeMP
view post Posted on 23/10/2009, 09:54




Intendo dire che la cultura umana (nella sua totalità, in tutta la sua storia) è immersa in una grande contraddizione che si pone come suo fondamento. Questa contraddizione è la volontà di potenza, ma intesa in modo essenzialmente diverso da come è intesa nella nostra cultura.
Pertanto, è necessario che anche il senso della malattia mentale di cui si parla sia alienato, e che dunque questa alienazione sia il senso autentico della malattia mentale, concepita come l'accadimento dell'errore nella verità.
Quello che intendo dire è che in verità tutte le cose esistono da sempre e per sempre, giacché l'uomo (cioé la volontà di essere uomo) ha voltato le spalle a questa verità. E tutto ciò che l'uomo è convinto di sapere è errore, perché crede che le cose siano semplicemente mortali.
Tutto è già da sempre in atto, e la vera malattia è il credere che non sia così.
 
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Sgubonius
view post Posted on 26/10/2009, 00:43




CITAZIONE (GiuseppeMP @ 23/10/2009, 10:54)
Intendo dire che la cultura umana (nella sua totalità, in tutta la sua storia) è immersa in una grande contraddizione che si pone come suo fondamento. Questa contraddizione è la volontà di potenza, ma intesa in modo essenzialmente diverso da come è intesa nella nostra cultura.
Pertanto, è necessario che anche il senso della malattia mentale di cui si parla sia alienato, e che dunque questa alienazione sia il senso autentico della malattia mentale, concepita come l'accadimento dell'errore nella verità.
Quello che intendo dire è che in verità tutte le cose esistono da sempre e per sempre, giacché l'uomo (cioé la volontà di essere uomo) ha voltato le spalle a questa verità. E tutto ciò che l'uomo è convinto di sapere è errore, perché crede che le cose siano semplicemente mortali.
Tutto è già da sempre in atto, e la vera malattia è il credere che non sia così.

molto parmenideo, però bisogna anche prendere atto che questa "malattia" è l'uomo stesso, non c'è stato nessun volgere le spalle, è nell'essenza stessa dell'essere pensante di dubitare e di rendere contingenti gli enti. La salute come la intendi tu, è la morte come ritorno all'inanimato.
 
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GiuseppeMP
view post Posted on 27/10/2009, 18:09




Non parmenideo, perché Parmenide crede che le differenze e il tempo siano un'illusione. Io sto dicendo che le infinite distinzioni e gli infiniti tempi dell'apparire dell'essere si svolgono all'interno del luogo eterno della verità, che vede l'eternità di tutti gli enti.
La malattia non è l'uomo, perché l'uomo è il contenuto di quel contraddirsi che crede che esista l'uomo. Non esiste l'uomo, esiste la volontà che l'uomo esista.
E la salute non è "morte", ma il superamento della morte intesa come volontà di essere un mortale, privo di eternità : è la "vita eterna", cioé il superamento all'infinito delle contraddizioni che via via affiorano nell'apparire
 
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Sgubonius
view post Posted on 29/10/2009, 00:21




Ma chi dovrebbe operare questo superamento? La Verità?
 
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GiuseppeMP
view post Posted on 30/10/2009, 17:32




Innanzittuto, ogni ente è già da sempre in atto, e quindi è in atto eternamente anche quell'ente che è il superamento di ogni contraddizione.
Ma altro è tale superamento, e altro è il superamento di una certa contraddizione (e stiamo considerando quella contraddizione che è la volontà di potenza in quanto tale).
Ora, il primo superamento, essendo lo stare al di sopra della totalità della contraddizione, è impossibile che giunga a mostrarsi assolutamente in quanto tale nello svolgimento degli enti nell'apparire, e quindi è assegnato a farsi innanzi in relazione a delle parti della totalità assoluta.
Il secondo superamento, invece, è necessario che venga alla luce (dell'apparire) ad un certo punto dell'ampliamento dell'eterno nell'apparire. Questo superamento è inevitabile perché la volontà di potenza è tale solo in quanto affiora nell'apparire, e poiché tutto ciò che affiora deve essere superato, ne viene che sia superata anche quella contraddizione.
Aggiungo che tutto ciò che nasce deve essere superato perché altrimenti il nascente giungerebbe a spettare inevitabilmente, come non superato, all'apparire trascendentale, il che è impossibile, perché ciò significherebbe che qualcosa inizia ad esistere.
 
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Sgubonius
view post Posted on 31/10/2009, 01:47




Sei enigmatico forte!!!
Mescoli un tantino di heidegger, un tanto di hegel, e, data l'assoluta idiosincrasia fra i due, qualcosa di apparentemente inesplicabile. Perchè mai tutto deve essere superato, e soprattutto quando si supera l'apparenza dove si va a finire? E cosa sarebbe questa volontà di potenza della contraddizione? Certo non è quella di Nietzsche.
 
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GiuseppeMP
view post Posted on 31/10/2009, 11:35




Non ho detto che deve essere superato TUTTO, ma la totalità dell'errore.
L'errore è tale solo in quanto è superato, giacché non può esistere un momento in cui un errore non sia superato. Non si mostra che un errore non è superato, bensì, nello svolgimento dell'essere nell'apparire, è necessario che il superamento degli errori che via via si fanno avanti sia concretamente in luce solo successivamente all'apparire dei superati (cioé degli errori).

Ma, come dicevo nell'altro scritto, il superamento della totalità assoluta dell'errore non può essere qualcosa che venga ad aggiungersi in quanto tale nell'apparire, perché tale superamento è la stessa totalità assoluta dell'essere, ed è pertanto impossibile che questa totalità si affacci totalmente in una parte di sé, altrimenti non sarebbe totalità, ma parte.

La totalità immutabile degli immutabili si mostra in eterno in un luogo diverso da quello in cui ac-cadono gli enti. Qualcosa ac-cade, cioé cade su qualcosa che NON accade. Quest'ultimo qualcosa è lo scenario dell'apparire trascendentale della verità immutabile, che accoglie gli immutabili che in sequenza nascono e muoiono nell'apparire parziale dell'essere.

Questo apparire processuale è l'essenza della contraddizione dell'essere nell'apparire. Nel senso che è la Totalità ad apparire, ma apparendo in parte, appare in contraddizione con sé stessa. Ed è all'interno di questa contraddizione che si fa innanzi quell'altra contraddizione che è la volontà di potenza. Solo se l'essere si mostra a tratti può esistere la volontà di dominarlo. Se infatti apparisse totalmente, la volontà vedrebbe tutto, e allora non potrebbe nemmeno illudersi di creare e distruggere qualcosa.

Tutto è in atto eternamente, e la Totalità che appare assolutamente si distingue da sé in quanto appare parzialmente. All'interno del cono di luce già da sempre scolpito, dove tutto si illumina eternamente, appare un cono scolpente. Il cono scolpente è scolpito anch'esso nel cono eternamente scolpito; è invece nel cono scolpente che non appare totalmente il cono scolpito : questa è la differenza ontologica.

Il cono scolpente è la totalità dell'apparire trascendentale (che non è l'apparire di tutto, ma di una parte del cono scolpito), aperto all'affacciarsi infinito degli immutabili, che non vengono dal nulla, ma dal cono scolpito. Tutto ciò che nasce proviene dalla Totalità assoluta dell'essere, nella quale ritorna tutto ciò che muore.

Cos'è la volontà di potenza? Beh, se tutto è già da sempre in atto (= fatto), è impossibile fare qualcosa, sì che può esistere solo la volontà di fare qualcosa. La volontà di potenza è l'illusione che crede di avere la capacità di scegliere e decidere cosa fare : è questa nostra attuale volontà che crede, ad esempio, di poter scrivere sul computer, o di alzarsi dalla sedia..

Se tutto ciò che nasce deve morire, e se la volontà di potenza è nata, è allora inevitabile che la volontà di potenza giunga alla propria morte, col superamento della stessa che porta all'avvento del non illudersi, cioé di quella volontà che sa già da sempre cosa è assegnata ad ottenere
 
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17 replies since 9/11/2008, 09:35   488 views
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