CITAZIONE (GiuseppeMP @ 14/6/2009, 19:48)
Beh, Ego, intendo dire che se fosse la verità "in quanto tale" ad errare, allora la verità non potrebbe porsi, e non potrebbe porsi, quindi, nemmeno l'errare. Certamente, "anche" la verità erra, ma bisogna capire in che senso specifico erra.
Ad esempio, non è possibile dire che il movimento sia, in ogni senso, un'illusione. Questo movimento che appare è tale solo in quanto non è negato il contenuto dell'interpretazione che afferma il movimento dell'essere, ma è negata la parzialità attraverso la quale questo movimento si mostra. Se, invece, il movimento viene inteso come un aggiungersi e un togiersi dall'essere da parte di qualcosa, allora il movimento è il contenuto (negato) di un'interpretazione essenzialmente diversa da quella interpretazione che afferma il movimento come un aggiungersi e un togliersi "da una certa dimensione dell'apparire" da parte di qualcosa.
L'interpretazione della falsità non è l'interpretazione della verità, perché quest'ultima interpretazione è superata non già negando ciò che essa afferma, ma il modo (semplice, finito, incompleto) in cui lo afferma.
ok, ho capito la contraddizione.
solo che resta ancora quell'"errare" oscuro.
ed anzi te ne servi per spiegare la contraddizione stessa.
A me il tuo discorso sta bene, benchè io pervenga ad una conclusione opposta alla tua: il vero essere che interessa a Nietzsche (ma a questo punto al posto di "vero essere" potrei anche dire "pizza 4 formaggi") <<la nullificazione delle cose, e tale nullificazione è "all'infinito">>.
E più che arrendevolezza a me pare che Nietzsche abbia un modo assai contorto di esporre l'idea per cui: "se l'essere è il nulla, l'apparire è tutto".
Ed infatti nè Nietzsche, nè nessun altro può negare che tale nientificazione ecc in qualche modo ci appaia.
e ci appaia così tanto da poterne aver notizia e specularci sopra.
Questa considerazione mi permette di rispondere a Far, come faccio nelle righe che segue.
Infatti, se far ha ragione di dire che leggo Nietzsche con basi "moderniste", è anche vero che le stesse basi moderniste erano presenti in Nietzsche.
Ma questo, lo capisco pure io, può essere inteso come un argomento formale. In realtà a Nietzsche interessa qualcosa del genere: "basta con le storie assurde! Dobbiamo tornare a guardare i problemi, confrontarci direttamente con essi, direttamente alla cose stesse!" (la citazione è tratta da Ideen I
).
Eterno ritorno, volontà di potenza, considerazioni inattuali al di la del bene e del male vogliono spingerci... oltre le sedimentazioni per affrontare i problemi, il famoso dire si alla vita.
Nella considerazione dell'eterno ritorno, più che l'arrendevolezza all'essere, al mondo, io ci vedo invece un pensiero "rivoluzionario". Anzi, ma forse la sparo grossa, L'eterno ritorno ha un aspetto di minaccia: se non diventi superuomo allora sarai sempre in questa vita che hai.
E qui forse si sfiora il relativismo, o forse Nietzsche ci suggerisce una via ermeneutica che Kierkegaard prima e Jaspers dopo hanno chiamato: verità di appropriazione
PS: la presente considerazione è ancora a titolo embrionale, fermo restando che una telefonata di lavoro m'ha distratto. Eventualmente la spiego meglio in questi giorni.