Considerazioni su "L'eterno Ritorno dell'Eguale"

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EgoTrascendentale
view post Posted on 4/6/2009, 17:27




Prendendo spunto da quanto me affrontato in altra sede, vorrei sottoporre alla Vs Cortese Attenzione la problematica dell'Eterno Ritorno dell'Eguale in Nietzsche.
Inizio col riportare la mia considerazione, che, permettetemi, considero di tipo preliminare. Mi prometto di approfondirla in seguito, qui con Voi.

CITAZIONE
"tutto questo deve ritornare": è la frase che Zarathustra sussurra al Nano.
La concezione dell'Eterno ritorno, quella per cui ogni cosa è destinata a ripertersi in perpetuo così com'essa è stata sino ad ora, è un "modello" di intendere il tempo.
E' stato il cristianesimo ad averci imposto, con una veemenza senza precedenti, una concezione lineare: passato, presente, futuro.
Il passato è il tempo della creazione, il presente è il tempo della predicazione (di gesù), il futuro è il tempo della comunione (quando tutti saremo con dio e saremo presso dio).
Una considerazione di questo tipo come ben si vede è formulata in base al fine: il fine è dio, lo star con dio, quindi per ottenere un futuro con dio dobbiamo mettere in pratica quanto ci insegna il cristo.
In questa valle di lacrime si gioca la partita per la salvezza (e bada: non importa affatto che la salvezza dipenda dalla predestinazione o dalle opere; in ambedue i casi, la salvezza passa da questa esperienza terrena).
Ora, se ci sbarazziamo del buon vecchio dio, con esso non ci sbarazziamo del suo mondo?
la risposta è: si.
Vediamo di capire che genere di mondo è quello di dio: un mondo simpatico, grazioso, il regno dei puri fini (direbbe Kant, contro cui Nietzsche ce l'ha a morte). Così, liberatosi del vecchio dio, del regno dei fini e compagnia bella a Nietzsche che resta?
un bel niente, un bel niente che neppure diviene altro da quel che <<è>>.
è imbarazzante dire quel verbo, quell' "è".
poichè il nulla non è, non si potrebbe neppure dire.
Ma tralasciando questo problema teorico, dal punto di vista dello status dell'esperienza, anzi dal punto di vista dello status di ciò che si esperisce, allora tutto ciò che noi viviamo, che esperiamo è menzogna, ovvero un falso.
un falso che torna e ritorna sempre e per sempre.
Sempre e per sempre perché se mutasse raggiungerebbe un fine.
Se ci pensi bene è il rovesciamento dello stoicismo: se X accade, sostengono gli stoici, accade perchè deve accadere e ciccia.
Se X accade, sostiene Nietzsche, accade perché non può accadere nient'altro. sin qui sembra essere ancora sullo stesso piano, invece no, è il rovesciamento, in quanto l'altro da accadere sarebbe in qualche modo il "superamento". ma Nietzsche cestina in concetto di Superamento in quanto di stampo hegeliano. O per meglio dire, in quanto riproponimento della dialettica positiva di aristotele per cui alla potenza succede l'atto, sino ad arrivare all'atto puro che è il dio, Nietzsche preferisce una soluzione di tipo "statico". come se il problema del divenire non fosse mai stato posto, egli torna ad una raffinata concezione "eleatica" dell'Essere: apollo e dioniso che si scannano e si annullano.
questo annullarsi torna com'è già tornato altre volte.
Questa è probabilmente una riproposizione della metafisica universale degli stoici, i quali in opposizione a platone e aristotele, avevano una prospettiva sicuramente più "concreta". (Infatti gli stoici criticarono ampiamente la dicotomonia, inaugurata da Platone, sensibile-sovrasensibile, ideale-reale, astratto-concreto).

Per quel che mi riguarda, ma ancora non ho le basi per poterlo dimostrare, l'eterno ritorno sarebbe una sorta di espediente "pedagogico".
per una chiarificazione di questo concetto è necessaria una fenomenologia della pedagogia, che non ho mai iniziato, e quindi una fenomenologia della ragion pratica (ancora a livello embrionale).

 
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alice_w
view post Posted on 4/6/2009, 17:42




Prima di inserire le mie considerazioni a riguardo mi sono soffermata su questo che mi desta perplessità.
CITAZIONE
tutto ciò che noi viviamo, che esperiamo è menzogna, ovvero un falso.
un falso che torna e ritorna sempre e per sempre.

cos'è questa una verità?
Anzi, meglio così: che si esperisca solo e sempre soltanto menzogna è uno "status" immutabile?
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 4/6/2009, 18:01




CITAZIONE (alice_w @ 4/6/2009, 18:42)
Prima di inserire le mie considerazioni a riguardo mi sono soffermata su questo che mi desta perplessità.
CITAZIONE
tutto ciò che noi viviamo, che esperiamo è menzogna, ovvero un falso.
un falso che torna e ritorna sempre e per sempre.

cos'è questa una verità?
Anzi, meglio così: che si esperisca solo e sempre soltanto menzogna è uno "status" immutabile?

Io penso che sia uno status immutabile. ma poichè si abbatte il mondo vero (e con esso il mondo falso), viene meno l'alternative vero-falso. forse entra qui in ballo il verosimile come "nascita della tragedia", o forse come ciò che si pone come "al di la del bene e del male". bisogna decidersi se dare connotati morali (nel secondo caso) o attraverso la metafora della tragedia prendere atto di considerazioni di tipo gnoseologico (nel primo).
lo status di immutabile è allora la necessità di pensare il fine senza ricadere nell'idea teleologico di stampo idealistico del Fine come escatologia.
è una verità?
per nulla!
è una falsità? neppure.
è surrettizio parlare di vero e di falso.
 
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Farvat
view post Posted on 10/6/2009, 12:19




CITAZIONE
Io penso che sia uno status immutabile. ma poichè si abbatte il mondo vero (e con esso il mondo falso), viene meno l'alternative vero-falso. forse entra qui in ballo il verosimile come "nascita della tragedia", o forse come ciò che si pone come "al di la del bene e del male". bisogna decidersi se dare connotati morali (nel secondo caso) o attraverso la metafora della tragedia prendere atto di considerazioni di tipo gnoseologico (nel primo).
lo status di immutabile è allora la necessità di pensare il fine senza ricadere nell'idea teleologico di stampo idealistico del Fine come escatologia.
è una verità?
per nulla!
è una falsità? neppure.
è surrettizio parlare di vero e di falso.

Nietzsche è in fondo il primo pensatore postmoderno, in quanto egli trae le estreme conseguenze dall'abolizione dell'impostazione epistemologica inaugurata dalla filosofia moderna che postula una "cosa in sé" al di là del fenomeno. Per carità, anche l'idealismo oggettivo era approdato ben prima ad una tale svolta, ma si era ancorato ad una concezione razionalistica della storia come progressivo inveramento, quindi proprio per questo non può essere definita post-moderna. Infatti per Postmoderno si intende il manifestarsi della crisi delle "grandi narrazioni" con cui l'umanità ha spiegato e quindi fornito un senso al proprio divenire storico. Non si può pensare di capire Nietzsche, se si resta al di là del guado cioè con i piedi ben piantati sulla terraferma della filosofia moderna come mi sembra che tu ego pretenda di fare. In questo risiede la principale difficoltà, in quanto il fiume in cui non ci si vuol bagnare è quello gelido del nichilismo e non certo a torto, anche perché non si è nemmeno tanto convinti che sia proprio un fiume, quanto un mare, e si è ancora meno sicuri che oltre vi sia qualche terra su cui approdare. Quello di Nietzsche è un pensiero abissale proprio per questo, in quanto lui stesso vi si è gettato eroicamente, per mai più riemergere.
Il nulla non è spaventoso perché il nulla non è, il vuoto invece è terribile perché il vuoto esiste eccome. Esso evoca l'angoscia, il terrore e la vertigine. Il nichilismo non è come ingenuamente si crede l'abitare il nulla, quanto rimanere sospesi nel vuoto assoluto intuendo che malgrado in esso si precipiti(ma poi si precipita o si è fermi?) non si troverà mai il fondo, ne alcun appiglio. Questo è l'enigma della vita: come strappare la testa al nero serpente, che ci ha morso la lingua per sputarlo via e riemergere dall'abisso, rinati. lo Zarathustra letterario è riuscito nell'impresa, Nietzsche forse no.
 
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GiuseppeMP
view post Posted on 12/6/2009, 21:39




L'eterno ritorno dell'identico è la dottrina che vuole trovare in ogni discorso una contraddizione, e pertanto assume come onnipresente e insuperabile l'interpretare l'essere : questa dottrina afferma cioé che la verità non oltrepassa l'errare e viceversa - giacché essa è la convinzione che le cose abbiano iniziato e finiranno di esistere, in relazione all'impossibilità di un limite che avvolga le medesime, e quindi in relazione all'illimitatezza.
Il pensiero di Nietzsche è uno dei modi di affermare l'estrema arrendevolezza alla non-eternità di ciò che vediamo : ci illudiamo di vedere la nullificazione delle cose, e con Nietzsche si giunge all'affermazione che tale nullificazione è "all'infinito".
 
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Farvat
view post Posted on 13/6/2009, 18:03




CITAZIONE
L'eterno ritorno dell'identico è la dottrina che vuole trovare in ogni discorso una contraddizione, e pertanto assume come onnipresente e insuperabile l'interpretare l'essere : questa dottrina afferma cioé che la verità non oltrepassa l'errare e viceversa - giacché essa è la convinzione che le cose abbiano iniziato e finiranno di esistere, in relazione all'impossibilità di un limite che avvolga le medesime, e quindi in relazione all'illimitatezza.
Il pensiero di Nietzsche è uno dei modi di affermare l'estrema arrendevolezza alla non-eternità di ciò che vediamo : ci illudiamo di vedere la nullificazione delle cose, e con Nietzsche si giunge all'affermazione che tale nullificazione è "all'infinito".

Certo se ci si ferma alle interpretazioni di Nietzsche che lo etichettano come un nichilista allora si, tutto quello che hai scritto non fa una piega. L'Eterno Ritorno è l'estremo nichilismo, perché al nulla eternamente si ritorna ma anche infinite volte si è strappati fuori senza nessun sogno "Nirvanico" possibile e quindi praticabile. Per come la vedo io, Il pensiero di Nietzsche e non solo l'annuncio profetico della morte di Dio, ma sopratutto della morte di ogni speranza escatologica, che l'occidente e l'oriente hanno cercato di costruire. Questo che noi abitiamo è il tempo finale del disincanto, questa è l'Apocalisse che disvela che la storia come processo escatologico che è lo spirito stesso della cultura occidentale è una finzione, appunto solo una narrazione.
Ma cosa ci sta chiedendo Nietzsche di finire di narrare? Semmai fa proprio il contrario ci chiede di narrare sapendo di narrare.
Liberandosi della metafisica, dalla cosa in sè che giace al di là del fenomeno, ci si libera della distinzione tra mondo vero e mondo apparente, che senso ha allora essere nel Vero oppure Errare? Quale significato ha tutto questo quando si è oltrepassato questa dualità?
L'Eterno Ritorno non è semplicemente l'estremizzazione del potere nullificante del divenire ma proprio tramite queste estremizzazione si mostra l'eclissarsi stesso del divenire nell'eternità presente dell'attimo, è il dimorare da sempre e per sempre nell'immortalità. Ogni istante è l'inizio e la fine, l'alfa e l'omega.
 
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GiuseppeMP
view post Posted on 14/6/2009, 18:29




Farvat ha scritto :

Liberandosi della metafisica, dalla cosa in sè che giace al di là del fenomeno, ci si libera della distinzione tra mondo vero e mondo apparente, che senso ha allora essere nel Vero oppure Errare? Quale significato ha tutto questo quando si è oltrepassato questa dualità?

La tua esposizione è notevole, ma non esce dalla contraddizione, proprio perché l'oltrepassamento di cui parli contraddice quello che vuoi proporre. Tu (e Nietzsche) proponi, diciamo, una verità interpretante, e soltanto interpretante; cioè proponi una verità che non sia in grado di superare l'errare. Ma, se così fosse, non potresti nemmeno parlare di "oltrepassamento della dualità".
Farvat, altro è l'interpretare che ha come materia il contraddittorio, e altro è l'interpretare il cui oltrepassamento non richiede la vanificazione del suo contenuto, ma l'oltrepassamento concreto dell'astrattezza di tale contenuto.

Ciao
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 14/6/2009, 18:35




Giuseppe, ma che ne diresti di chiarire che vuol dire questo "errare".
E se è possibile, chiarire in cosa consiste la contraddizione di cui dici nel tuo primo intervento
 
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GiuseppeMP
view post Posted on 14/6/2009, 18:48




Beh, Ego, intendo dire che se fosse la verità "in quanto tale" ad errare, allora la verità non potrebbe porsi, e non potrebbe porsi, quindi, nemmeno l'errare. Certamente, "anche" la verità erra, ma bisogna capire in che senso specifico erra.
Ad esempio, non è possibile dire che il movimento sia, in ogni senso, un'illusione. Questo movimento che appare è tale solo in quanto non è negato il contenuto dell'interpretazione che afferma il movimento dell'essere, ma è negata la parzialità attraverso la quale questo movimento si mostra. Se, invece, il movimento viene inteso come un aggiungersi e un togiersi dall'essere da parte di qualcosa, allora il movimento è il contenuto (negato) di un'interpretazione essenzialmente diversa da quella interpretazione che afferma il movimento come un aggiungersi e un togliersi "da una certa dimensione dell'apparire" da parte di qualcosa.
L'interpretazione della falsità non è l'interpretazione della verità, perché quest'ultima interpretazione è superata non già negando ciò che essa afferma, ma il modo (semplice, finito, incompleto) in cui lo afferma.
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 15/6/2009, 07:59




CITAZIONE (GiuseppeMP @ 14/6/2009, 19:48)
Beh, Ego, intendo dire che se fosse la verità "in quanto tale" ad errare, allora la verità non potrebbe porsi, e non potrebbe porsi, quindi, nemmeno l'errare. Certamente, "anche" la verità erra, ma bisogna capire in che senso specifico erra.
Ad esempio, non è possibile dire che il movimento sia, in ogni senso, un'illusione. Questo movimento che appare è tale solo in quanto non è negato il contenuto dell'interpretazione che afferma il movimento dell'essere, ma è negata la parzialità attraverso la quale questo movimento si mostra. Se, invece, il movimento viene inteso come un aggiungersi e un togiersi dall'essere da parte di qualcosa, allora il movimento è il contenuto (negato) di un'interpretazione essenzialmente diversa da quella interpretazione che afferma il movimento come un aggiungersi e un togliersi "da una certa dimensione dell'apparire" da parte di qualcosa.
L'interpretazione della falsità non è l'interpretazione della verità, perché quest'ultima interpretazione è superata non già negando ciò che essa afferma, ma il modo (semplice, finito, incompleto) in cui lo afferma.

ok, ho capito la contraddizione.
solo che resta ancora quell'"errare" oscuro.
ed anzi te ne servi per spiegare la contraddizione stessa.
A me il tuo discorso sta bene, benchè io pervenga ad una conclusione opposta alla tua: il vero essere che interessa a Nietzsche (ma a questo punto al posto di "vero essere" potrei anche dire "pizza 4 formaggi") <<la nullificazione delle cose, e tale nullificazione è "all'infinito">>.
E più che arrendevolezza a me pare che Nietzsche abbia un modo assai contorto di esporre l'idea per cui: "se l'essere è il nulla, l'apparire è tutto".
Ed infatti nè Nietzsche, nè nessun altro può negare che tale nientificazione ecc in qualche modo ci appaia.
e ci appaia così tanto da poterne aver notizia e specularci sopra.
Questa considerazione mi permette di rispondere a Far, come faccio nelle righe che segue.
Infatti, se far ha ragione di dire che leggo Nietzsche con basi "moderniste", è anche vero che le stesse basi moderniste erano presenti in Nietzsche.
Ma questo, lo capisco pure io, può essere inteso come un argomento formale. In realtà a Nietzsche interessa qualcosa del genere: "basta con le storie assurde! Dobbiamo tornare a guardare i problemi, confrontarci direttamente con essi, direttamente alla cose stesse!" (la citazione è tratta da Ideen I ;)).
Eterno ritorno, volontà di potenza, considerazioni inattuali al di la del bene e del male vogliono spingerci... oltre le sedimentazioni per affrontare i problemi, il famoso dire si alla vita.
Nella considerazione dell'eterno ritorno, più che l'arrendevolezza all'essere, al mondo, io ci vedo invece un pensiero "rivoluzionario". Anzi, ma forse la sparo grossa, L'eterno ritorno ha un aspetto di minaccia: se non diventi superuomo allora sarai sempre in questa vita che hai.
E qui forse si sfiora il relativismo, o forse Nietzsche ci suggerisce una via ermeneutica che Kierkegaard prima e Jaspers dopo hanno chiamato: verità di appropriazione

PS: la presente considerazione è ancora a titolo embrionale, fermo restando che una telefonata di lavoro m'ha distratto. Eventualmente la spiego meglio in questi giorni.
 
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alice_w
view post Posted on 15/6/2009, 12:59




La mia considerazione è che Nietzsche ha individuato il problema capitale nell'uomo, ciò che ostacola la sua "salvezza": quello di credere di non poter trasformare il passato.
Nietzsche si e ci chiede o insinua "e se fosse possibile poterlo fare? e come?" Pensandoci nella prospettiva aperta dalla possibilità dell'eterno ritorno dell'identico.
La sfida a ciò che per l'uomo è immutabile.
Un pensiero abissale quello di poter trasformare il passato.
Prossimamente inserirò l'analisi nei dettagli di questa mia considerazione.
 
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Farvat
view post Posted on 15/6/2009, 18:49




CITAZIONE
La tua esposizione è notevole, ma non esce dalla contraddizione, proprio perché l'oltrepassamento di cui parli contraddice quello che vuoi proporre. Tu (e Nietzsche) proponi, diciamo, una verità interpretante, e soltanto interpretante; cioè proponi una verità che non sia in grado di superare l'errare. Ma, se così fosse, non potresti nemmeno parlare di "oltrepassamento della dualità".
Farvat, altro è l'interpretare che ha come materia il contraddittorio, e altro è l'interpretare il cui oltrepassamento non richiede la vanificazione del suo contenuto, ma l'oltrepassamento concreto dell'astrattezza di tale contenuto.

Mi ero accorto che il termine oltrepassamento non era corretto, o particolarmente adatto. Il problema è che non esiste un linguaggio adatto. In certo senso ha detto bene Ego: "se l'essere è il nulla, l'apparire è tutto" ma non è tanto che nietzsche abbia trovato un modo contorto per esprimere questa verità, egli ha inteso dire che anche questa verità è solo un altro apparire. In logica questo è inteso come un argomento scettico, nel senso che si dichiara che tutto è interpretazione, questa stessa affermazione per valere come vera non può essere un'interpretazione e quindi l'enunciato "tutto è interpretazione" è falso e qualche verità per forza di logica ci deve essere. Nietzsche non si fa chiudere in un tale tranello, dal momento che considera il linguaggio solo "un esercito mobile di metafore", il linguaggio e le sue strutture discorsive sono solo un reticolato posto sul mondo, una mappa che però non sarà mai il territorio che raffigura. Per dirla col grande Wittgenstein la nostra raffigurazione dice solo ciò che sta al suo interno ma si riferisce cioè mostra qualcosa d'altro che è semplicemente ipotizzato. Il problema è qui, ci sarà sempre uno scarto tra il dire e il mostrare, perciò dalla metafisica non si può uscire. Vorremmo ricomporre quello scarto ma il punto è che noi esistiamo perché quello scarto c'è. Heidegger ha ragione a sostenere che Nietzsche è l'apice della metafisica occidentale, ma lui non può certo dirsi il suo superamento, in quanto la sua differenza ontologica non è altro che di nuovo una ricaduta nella metafisica. Pretendere di uscire dalla metafisica è come pretendere di fare come il Barone di Munchausen che si tira fuori dalle sabbie mobili sollevandosi autonomamente prendendosi per il suo codino. "Datemi una leva e vi solleverò il mondo!" esclama pretenzioso colui che ha afferma di aver superato la metafisica, già certo, ma alla leva servirà comunque un punto di appoggio e quindi saremo di nuovo ricaduti da dove si voleva fuggire.
Non si può pretendere di uscire dall'universo e vederlo nella sua totalità, si può solo interpretarlo in modo prospettico dal suo interno, "non ci sono fatti ma solo interpretazioni, ma anche questa un'interpretazione e allora?" E in quell'allora sta il muro della metafisica, della verità fatta di infinite prospettive che autocontraddicendosi si elide da sola, bisogna imparare ad abitarla quella contraddizione.

A Ego:
CITAZIONE
Infatti, se far ha ragione di dire che leggo Nietzsche con basi "moderniste", è anche vero che le stesse basi moderniste erano presenti in Nietzsche.
Ma questo, lo capisco pure io, può essere inteso come un argomento formale. In realtà a Nietzsche interessa qualcosa del genere: "basta con le storie assurde! Dobbiamo tornare a guardare i problemi, confrontarci direttamente con essi, direttamente alla cose stesse!" (la citazione è tratta da Ideen I ;))

Già, ma Nietzsche risponderebbe: "Mio Caro Husserl, quali cose stesse?! E' proprie quelle che non ci sono, ci sono solo interpretazioni. E' pur vero che lei ha molto saggiamente disancorato la sua fenomenologia dalla "cosa in sé", un po' come i positivisti hanno fatto, ma per dirla tutta lei ha sospeso il giudizio sulla questione. Sono queste essenze che non mi vanno giù, che lei pretende di afferrare con il suo metodo, non intendo dire che non ci siano, piuttosto mi chiedo chi le ha poste tali meraviglie? Certo l'oggetto nel suo darsi a noi, è assai parco di offerte e non fa difficoltà a donarci l'universale nel concreto in modo originario. Sono piuttosto questi universali, queste essenze che lei idolatra che mi fanno sorgere l'atroce sospetto, che non le sia ancora giunta all'orecchio la lieta novella della dipartita del Dio dei Filosofi. Come a lei piacciono i riempimenti ora che ha fatto il salto nella fede Cristiana dovrebbe ormai essere pratico di svuotamenti, vede Dio una volta c'era ed era vivo e vegeto ma la nostra esigenza di verità lo ha messo in croce e svuotato fino a morirne. Da lì viene il tristo annuncio che porto e che ormai nemmeno la Teologia smentisce. E altra cosa, non mi scambi per un soggettivista, guardi se c'è una cosa che la mia filosofia ha martellato duramente e senza troppi riguardi è proprio il soggetto..."

CITAZIONE
Eterno ritorno, volontà di potenza, considerazioni inattuali al di la del bene e del male vogliono spingerci... oltre le sedimentazioni per affrontare i problemi, il famoso dire si alla vita.
Nella considerazione dell'eterno ritorno, più che l'arrendevolezza all'essere, al mondo, io ci vedo invece un pensiero "rivoluzionario". Anzi, ma forse la sparo grossa, L'eterno ritorno ha un aspetto di minaccia: se non diventi superuomo allora sarai sempre in questa vita che hai.

Esatto, il pensiero di Nietzsche è si un pensiero rivoluzionario ma ha un tono anche profetico, l'eterno ritorno è giustamente una minaccia angosciante perché è l'eterna ripetizione di ogni evento e sembra condannarci inesorabilmente eppure esso si deve paradossalmente anche coniugare con la produzione della novità e della liberazione di una creatività che finalmente gioca libera.
Un bel dilemma, che nel superuomo si deve necessariamente risolvere. La mia tesi è che dietro il superuomo si nasconda la trasfigurazione del Cristo, che di fronte alla domanda di Pilato sulla natura della verità, si mostra e esclama "io sono la verità e la vita". In Cristo l'aporia tra verità e vita si rivela autoreferenzialmente risolta. Naturalmente Pilato da buon epicureo non comprende un'acca. Del resto non mi pare che Nietzsche muova mai critiche dirette a Cristo, quanto attacchi la religione che sorta attorno alla sua figura. In questa tesi avrei dalla mia sicuramente Massimo Cacciari e magari anche Emanuele Severino.
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 15/6/2009, 19:29




giusto per dire dove vado a parare.

far ha scritto:
CITAZIONE
Mio Caro Husserl, quali cose stesse?

quelle che Lei, signor Nietzsche, interpreta ;)

Infatti, ogni interpretazione è interpretazione di qualche cosa.
nell'interpretazione inoltre possiamo distinguere:
A) l'interprete
B) l'interpretato
C) l'interpretare.

mi dirai che l'interpretare è soggetto a sua volta ad interpretazione. Sicchè o si va a parare ad una forma simpaticissima di relativismo, sotto il cui giogo soggiace anche L'eterno ritorno, oppure bisogna pensare l'interpretazione come un titolo di atti di pensiero...
su questa seconda ipotesi cerco di spingere la fenomenologia trascendentale.
Dirò meglio in serata (spero)

CITAZIONE
Un bel dilemma, che nel superuomo si deve necessariamente risolvere. La mia tesi è che dietro il superuomo si nasconda la trasfigurazione del Cristo, che di fronte alla domanda di Pilato sulla natura della verità, si mostra e esclama "io sono la verità e la vita".

e allora il superuomo non potrebbe essere una specie di frutto dell'eterno ritorno?
Se l'avvento del superuomo è previsto da sempre e da sempre deve ritornare, è ancora ciò/colui che può "coniugare con la produzione della novità e della liberazione di una creatività che finalmente gioca libera"?

Vorrei dunque chiarire, brevemente, un aspetto fenomenologico interessante, per il quale la rivoluzione in sè stessa è qualcosa intimamente imparentata alla profezia.
Entrambe nascono dalla disperazione e dalla speranza insieme: si giocano il futuro.
E a partire dal futuro determinano il presente.
Il superuomo, per queste ragioni, non è poi così super ;)
 
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GiuseppeMP
view post Posted on 15/6/2009, 21:25




Rispondo con un commento sia a Farvat che a Ego.

Continuo a non essere d'accordo. Anzitutto, che appaia la nullificazione delle cose è impossibile. La nullificazione dell'essere appare cioé "come negata". L'essere include in sé il suo non essere un nulla, e include anche l'esser significante, come non significante, da parte del nulla. Il nulla "è" nel senso che, restando fermo che "nulla" non vuol dire "essere", è quel certo significare che esso è. Oppure, il nulla esiste, nel senso che il nulla è un concetto autocontraddittorio. Il significato "x è non-x" appare come negato : è impossibile che x sia non-x, quindi, che x sia non-x appare come negato.
Ma anche l'interpretare che giunge ad affermare che x è non-x appare come negato (dalla verità), altrimenti l'affermazione e la negazione che x è non-x resterebbero in equilibrio. Anche se l'interpretare è il toglimento della possibilità che l'affermare x sia, in quanto tale, il negare x, questo non fa sì che l'interpretare possa strutturarsi senza che la verità lo neghi.
La verità non interpretante, da ultimo, è necessaria. Anche la verità interpretante è negata, perché essa è la dimensione del finito, e il finito è tale solo in quanto è incluso nell'infinito. Ma la verità interpretante è negata non per ciò che di sé riesce ad esporre, ma per ciò che di sé non può esporre, e che si espone già da sempre nell'infinita verità non errante.
E l'infinito è necessario perché altrimenti la verità finita sarebbe e, insieme, non sarebbe la verità innegabile. Già solo il fatto che ci si chieda se questo che appare sia il Tutto o meno significa che non è il Tutto pieno dell'essere, ma la sua apparizione astratta e incompleta.
Se poi essere significasse apparire, non potrebbe esserci il nascondimento di qualcosa (cioè qualcosa non potrebbe apparire come mancante). L'essere include l'apparire, ma ciò non significa che non possa apparire tutto l'essere, bensì significa che l'essere che appare totalmente include, come superato, l'essere che appare parzialmente.
 
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Farvat
view post Posted on 15/6/2009, 21:33




CITAZIONE
quelle che Lei, signor Nietzsche, interpreta ;)

Infatti, ogni interpretazione è interpretazione di qualche cosa.
nell'interpretazione inoltre possiamo distinguere:
A) l'interprete
B) l'interpretato
C) l'interpretare.

mi dirai che l'interpretare è soggetto a sua volta ad interpretazione. Sicchè o si va a parare ad una forma simpaticissima di relativismo, sotto il cui giogo soggiace anche L'eterno ritorno, oppure bisogna pensare l'interpretazione come un titolo di atti di pensiero...
su questa seconda ipotesi cerco di spingere la fenomenologia trascendentale.
Dirò meglio in serata (spero)

Ah, "l'intentio" un vecchio trucco della filosofia medievale che lei giustamente ha rielaborato apprendendolo dal quel tale Brentano...
Vi è un interprete, un interpretato ed un interpretare posso anche dirmi d'accordo con lei, ma da quando mi è balenata questa idea dell'eterno ritorno mi pare che tutto ruoti in un circolo conturbante, e tutto ruota tanto veloce nel processo dell'interpretazione, che non riesco più a distinguere la differenza tra il soggetto e l'oggetto di questa correlazione. E' questa circolarità ricorsiva che alcuni miei "discepoli" chiamano "retroduzione" alcuni altri "feedback", altri ancora "circolarità ermeneutica" che mi affascina. Vede mio caro Husserl, levando l'ancora dall'appiglio che il fondale offriva ancora ai timorosi marinai trascendentali di patria konigsbergica, ci siamo io e lei e pure qualche prode positivista, aperta la via verso il mare aperto. Devo dirle in verità che un tempo, in gioventù anch'io soffrivo di tali timori che mi portavano sempre a stare con la mia nave sotto costa, come un bagnante che non va altre dove "non si tocca". E poi mi balenò questa strana idea: se al di sotto del mare non ci fosse affatto il fondale?! Allora di che mai dovremmo avere paura, si affoga in prossimità della riva come si affoga in mare aperto. Allora perché indugiare? Perché non alzare le vele, lasciare la nostra filosofica immaginazione a gonfiarle di vento e dirigersi verso le Americhe o magari "l'isola che non c'è"?!
Ma poi in mare aperto fissando le increspature della superficie mosse dalle onde mi sorse un altro dubbio, se le onde, le increspature e i riflessi solari non fossero altro che la mia immaginazione, in fondo già il mio maestro Schophenauer ammetteva di non saper più distinguere il mondo di sogno da quello della veglia, ma di vedere solo una coltre, un velo... Ebbene come si produce tale velo? Non siamo io e lei parte di un sogno? Ma il sogno produce noi o noi fantasmi di quel sogno lo secerniamo dalle nostre stesse menti? Chi è la causa e chi l'effetto? Non è quel suo allievo tale Merleau-Ponty che di fronte alla montagna diceva:"io interrogo la montagna, ma nel contempo la montagna interroga me!"; noi fluiamo continuamente in questa circolarità, noi dipingiamo il mondo ed il mondo di riamando dipinge noi. Così è da qualche tempo che abitando questa circolarità mi sembra che il mondo sia ormai una favola, e della vecchia metafisica, che del uno fa sempre due, che dietro al mondo vede sempre un retromondo non so più che farmene. Non vedo più il soggetto ne l'oggetto ma l'interpretazione che libera e creatrice rilegge e narra se stessa senza fine.
Lei mi dirà che tutto quello che può essere scritto è già stato scritto, che non vi è nessuna novità, ma vede e come con la musica, non mi stanca mai, anzi il mio problema è sempre stato come starne senza, finché non ho scoperto che tutto è musica. Vede caro Husserl il mio "amor fati" è come per lei il "sempre di nuovo" di cui nemmeno lei in fondo si annoia mai, sarà pur vero che il mondo è pieno di cacofonie e rumore bianco, ma ascolti come dal baccano caotico di Dioniso sorge la bella forma di Apollo, e' un solo Dio mi creda, ma ha due facce.
Le vorrei lasciare in ricordo questo schizzo del bravo maestro Escher, che a miei occhi rappresenta assai chiaro il mio pensiero.
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