Bibbia ed Evoluzione

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The Shrike
view post Posted on 3/1/2010, 06:02




In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: "Sia la luce!". [Vayomer Elohim yehi-or vayehi-or] E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
(Genesi 1-5)

Inizio del tutto. 0 Kelvin, totale assenza di energia, entropia, forze. Tutto è in perfetto Equilibrio: Gravità, Elettromagnetismo e Forza Nucleare Debole/Forte (Cielo=elettromagnetismo; Gravità=Terra; Spirito di Dio=Forza Nucleare). Un giorno, in un momento non precisato della storia dell’Universo, ci fu la scintilla che causò il cambiamento di stato, un momento dato dal Bosone di Higgs in cui la materia si è addensata e la gravità ha potuto agire. Spazie e tempo sono così iniziati ufficialmente, in un ballo scatenato di particelle basilari. Dopo chissà quanto il Sole iniziò a brillare come noi lo conosciamo (sempre il "Lux fiat". E la luce fu!). Iniziò allora l'alternarsi del giorno e della notte, grazie ai movimenti di rotazione e rivoluzione terrestri. Non che prima non c’erano, ma la fievole luce mandata dal proto-sole non bastò per una divisione netta tra giorno e notte.

Dio disse: "Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque". Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
(Genesi 6-8)

Fino ad ora non si stava formando solo il nostro pianeta con il nostro Sole, ma anche il resto dell’Universo era in formazione e lo si vedeva dalle stelle che apparivano nel firmamento. Questo firmamento apparve tra le acque e le acque. È molto probabile che all’origine del pianeta ci sono stati violenti e prolungati temporali il che avrebbe fatto sembrare all'autore sacro il fatto che c’era un'unica colonna d'acqua e che poi il firmamento divenne una linea di confine, tra ciò che era sotto (i mari) e ciò che era sopra (nuvole contenenti acqua, polveri di vulcani in eruzione e quanto altro era in sospensione nella giovane atmosfera in formazione).

Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l'asciutto". E così avvenne. Dio chiamò l'asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona.
(Genesi 9-10)

Dopo la solidificazione della crosta terrestre e la formazione dei mari a causa delle violente e prolungate piogge, ecco affiorare la terraferma, un unico grande luogo (Pangea), circondato da un mare che si è raccolto in un solo luogo. Oggi sappiamo che non è il mare che si è spostato, ma la deriva dei continenti che ha permesso alla terraferma di "addensarsi" in un solo luogo ma, forse, per l’autore sacro che ha dovuto raccontare queste cose, durante la visione della formazione probabilmente ha notato uno spostamento delle acque e non della crosta terrestre (E comunque, d'altra parte, il moto apparente dipende sempre dal sistema di riferimento).

E Dio disse: "La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie". E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
(Genesi 11-13)

Sboccia la vita sulla Terra. Le piante e tutto il regno vegetale sono le prime forme di vita che si affacciano sulla Terra. Sono loro che devono causare la trasformazione della numerosa anidride carbonica in ossigeno per la formazione di un'atmosfera vivibile.


Dio disse: "Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra". E così avvenne: Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
(Genesi 14-19)

Ci sono molte teorie su come e quando la Luna ha iniziato a far parte integrante della vita e della storia della Terra. Non si è ancora riusciti a datarne il periodo nel quale ha iniziato il suo moto di rivoluzione intorno al pianeta. Secondo la storia raccontata dal biblista che ha scritto la Genesi, il nostro satellite è apparso dopo la formazione di vita vegetale.

Dio disse: "Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo". Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: "Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra". E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
(Genesi 20-23)

L’atmosfera creata e sostenuta dall'attività delle piante, insieme ovviamente ad eruzioni dal sottosuolo e quanto altro, è ormai un meccanismo autonomo. Ora anche la vita animale può fare il suo ingresso nella storia. In successione: prima i pesci e gli animali acquatici e poi i volatili.

Dio disse: "La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie". E così avvenne: Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona.
(Genesi 24-25)

Dopo le piante, i pesci e gli uccelli è la volta degli animali terrestri, bestiame, rettili e bestie selvatiche (distinzione molto grossolana per indicare la creazione degli animali che l’uomo aveva nei suoi recinti: il bestiame e la creazione degli animali che erano fuori dai recinti e spesso predatori: rettili e bestie selvatiche).

E Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra". Poi Dio disse: "Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde". E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.
(Genesi 26-31)

In ultima battuta poi la storia ci racconta della creazione dell’uomo e della sua comparsa sulla Terra e qui l’autore sacro mette l’accento sulla possibilità che l’uomo ha di soggiogare a se tutta la vita presente sulla Terra per volere divino, che poi si tramuta in realtà quando l’uomo scopre le sue doti e le sue abilità nel corso della storia. L’uomo è il prescelto, l’essere migliore, fatto a immagine e somiglianza di Dio, ma allo stesso tempo deve mangiare dei frutti della terra come gli altri animali e non può cibarsi degli altri animali. Probabilmente i primi ominidi erano vegetariani, come lo erano i primi animali presenti sulla terraferma. Rileggendo quindi la Genesi, con accanto un libro che racconta dell’evoluzione della Terra, si nota quindi che già l’autore sacro aveva le nozioni necessarie per raccontare e divulgare la storia della creazione che è poi la storia dell’evoluzione.
 
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Sgubonius
view post Posted on 12/1/2010, 21:25




Con la differenza che la Bibbia ha un senso (interno), la soluzione scientifica no! :P
 
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faifer
view post Posted on 21/1/2010, 16:49




sono capitata qui per caso dal forum Ecclesia Dei e ho letto questo tuo post.
visto che l'argomento sembra interessarti, ti consiglio di leggere questo testo: Genesis and the Big Bang di G. Schroeder. su ibs si trova anche la traduzione italiana.
illuminante davvero.
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 21/1/2010, 20:01




CITAZIONE (Sgubonius @ 12/1/2010, 21:25)
Con la differenza che la Bibbia ha un senso (interno), la soluzione scientifica no! :P

non è esatto: la mancanza di univocità della risposta scientifica indica plurità di senso, non mancanza.
 
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Emeth
view post Posted on 21/1/2010, 20:46




CITAZIONE (Sgubonius @ 12/1/2010, 21:25)
Con la differenza che la Bibbia ha un senso (interno), la soluzione scientifica no! :P

Credo che Scienza e Bibbia non siano ponibili in livelli differenti. Anche la Bibbia non ha 'univocità' nella risposta al quesito posto poichè è soggetta ad interpretazione, come d'altronde anche i dati scientificamente raccolti.
Che poi siamo ancora in piena svalutazione del positivismo è un altro discorso a mio parere...
 
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Sgubonius
view post Posted on 22/1/2010, 22:28




CITAZIONE (EgoTrascendentale @ 21/1/2010, 20:01)
CITAZIONE (Sgubonius @ 12/1/2010, 21:25)
Con la differenza che la Bibbia ha un senso (interno), la soluzione scientifica no! :P

non è esatto: la mancanza di univocità della risposta scientifica indica plurità di senso, non mancanza.

La mia era più che altro una battuta...

Capisci bene che non si può più usare "esatto" come metro di paragone, saresti già dentro la scienza e giudicheresti qualcosa di esterno ad essa con un parametro interno ad essa.
Il senso è non mi riesce pensabile dissociato da qualcosa di escatologico, e perciò religioso (spirituale volendo usare una terminologia cara a molti filosofi). La scienza non frequenta particolarmente il senso, tranne all'origine o nei suoi punti di svolta, quando abbandona il metodo per l'intuizione.
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 23/1/2010, 08:44




ma esatto non indica un metro di paragone, ma uno statuto intenzionale della proposizione (il criterio dell'esattezza è sì qualcosa di interno come giustamente noti, ma non per questo al di la di questo interno, all'esterno cioè, ci si deve dimenticare dell'esattezza come orizzonte generale da cui poi si trae il particolare a cui tu fai riferimento).
posto ciò, non sono neanche d'accordo sul considerare l'equazione senso = qualcosa di escatologico.
il senso del resto potrebbe anche essere la vista ;)
o, in senso fenomenologico, il rapporto tra il qualcosa che mi si mostra e la mia apprensione di coscienza.
il senso, in quest'ultimo caso, potrebbe allora aver per noi un aspetto peculiare: aspetto matematico, scientifico, escatologico, filosofico ecc.

Ps: scusa se non ho compreso la tua battuta.
 
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Sgubonius
view post Posted on 24/1/2010, 16:11




CITAZIONE (EgoTrascendentale @ 23/1/2010, 08:44)
ma esatto non indica un metro di paragone, ma uno statuto intenzionale della proposizione (il criterio dell'esattezza è sì qualcosa di interno come giustamente noti, ma non per questo al di la di questo interno, all'esterno cioè, ci si deve dimenticare dell'esattezza come orizzonte generale da cui poi si trae il particolare a cui tu fai riferimento).
posto ciò, non sono neanche d'accordo sul considerare l'equazione senso = qualcosa di escatologico.
il senso del resto potrebbe anche essere la vista ;)
o, in senso fenomenologico, il rapporto tra il qualcosa che mi si mostra e la mia apprensione di coscienza.
il senso, in quest'ultimo caso, potrebbe allora aver per noi un aspetto peculiare: aspetto matematico, scientifico, escatologico, filosofico ecc.

Ps: scusa se non ho compreso la tua battuta.

Non era un gran che in effetti! :alienff:

Senza uscire troppo dal topic, provo a rendere un'idea, già ci eravamo confrontati sui limiti dell'ottica fenomenologica, e siamo sempre intorno lì.
Il senso (non in senso estetico, di sensazione) dev'essere sempre un senso per qualcosa, per questo alla fine vai nell'escatologia. La scienza ha una sua escatologia, che è quella della conoscenza tecnica (con l'assioma di fondo che la conoscenza porti ad un miglioramento dell'esistenza). Perfino la vista ha qualcosa di escatologico, un senso esterno, "trascendentale" (in Kant si sente fortissimamente questa idea).
In questo... senso... la bibbia mi sembrava più sincera di certe imbarcazioni evoluzioniste.
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 26/1/2010, 11:22




CITAZIONE
Il senso (non in senso estetico, di sensazione) dev'essere sempre un senso per qualcosa, per questo alla fine vai nell'escatologia

perchè senso "per" qualcosa?
e perchè non senso "di" qualcosa?
faccio presente che nell'espressione senso-per-qualcosa il "di" è contenuto, ma non in vista di un fine.
ed è proprio questo "in vista di fine" che mi crea sgomento: da dove lo traggo fuori questo fine?
 
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Sgubonius
view post Posted on 29/1/2010, 04:12




Qui si sfonda una porta tremenda. Se siamo interessati si può aprire un topic apposta per provare a scavare, qui si andrebbe un po' troppo fuori tema.

La struttura del senso è senza dubbio una delle più complesse. Io sarei sempre portato a pensare il senso (inteso qui in senso lato, con tutto il retrogusto anche etimologico) come una relazione all'Altro, al fuori. Il problema del senso percorre tutta la filosofia, è presente nel trascendentale kantiano, è presente nella dialettica hegeliana del riconoscimento, è presente nella fenomenologia e nelle ricerche di Wittgenstein. Ma quasi mai il senso è interpretato in ottica puramente "interna", come proprietà che aderisce ad una struttura formata. Piuttosto è il senso stesso a formare una struttura, perché la relaziona col suo esterno.

Una proposizione (faccio l'esempio di W.) può essere dotata di senso. Ma non sarà mai la proposizione stessa a decidere del suo senso, sarà sempre qualcosa al di fuori di essa. In ultima analisi, la proposizione ha sempre senso per qualcosa o per qualcuno. Non è che il fine si tragga fuori, piuttosto è un certo finalismo a strutturare già a priori tutto quanto (questo lo vedi in Kant, ma anche in tutte le filosofie vitalistiche, termine orrendo ma che qui rende l'idea).

Il senso "di" qualcosa, è un autoreferente che non vedo come possa sussistere, se non per oblio dell'assiomatica che stava alla base.
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 2/2/2010, 18:14




Non mi sono spiegato: il senso è sempre per qualcuno/qualcosa ovvero il soggetto trascendentale, l'individuo ecc.
Tuttavia il senso è sempre senso di qualcosa, anche quando è in vista di qualcosa.
Ovvero il senso è anche il significato. se io vedo un albero, il suo senso è il suo esser albero.
che faccia la fotosintesi è un senso di tipo biologico, fisico, chimico ecc...
ma è un senso che arricchisce il senso di albero che già abbiamo o che pensiamo di avere.
Husserl in questa prospettiva, con uno dei suoi esempi tipici del suo periodare, asseriva: un albero percepito come tale non può bruciare.
ogni volta che richiamo quest'esempio, racconto sempre con piacere quando lessi per la prima volta la frase e commentai: ma che caxxo vuole dire questo????
Ebbene, è semplicissimo: il senso dell'albero che percepisco è un senso di un albero che non brucia.
l'albero che io percepisco qui, non brucia.
ma se l'albero che brucia io lo percepisco, allora sì, l'albero percepito come tale sta bruciando.
Ripeto: il senso dell'albero non brucia, nè mai il senso di questa mia percezione attuale potrà bruciare.
potrà cambiare la mia percezione, ovvero, cambierà il contenuto di quanto percepisco, ma sarà un altro caso ecc.
In quest'ottica forse, una chiara riflessione sul senso del senso è ciò che potrà far rinascere il senso stesso
 
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view post Posted on 3/2/2010, 17:14
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Ma perché la scienza non avrebbe univocità “ nella risposta”?
Perché noi, nella nostra limitatezza, non riusciamo a concepire detta univocità?

La scienza non frequenta particolarmente il senso, tranne all'origine o nei suoi punti di svolta, quando abbandona il metodo per l'intuizione (Sgubonius).

Il senso ha in sé un finalismo preciso, sì, etico e scientifico insieme, ma solo se si riporta al significato.
In un universo tecnicamente privo di dèi, il fine per qualcosa o il fine di qualcosa coincidono.
Un oggetto - mi si passi il termine - ha un fine intrinseco (il fine di) e un fine per (l’espletazione di sé in relazione ad altro da sé).

Il senso è “prodotto” umano, il significato No.
Il significato è il fondamento dell’essere oggettivo. E se
L’esempio dell’albero che arde non è che un “accidente”.
Il significato dell’albero non è nel suo ardere (possibile senso), ma nel suo essere albero.
Tutto il resto - eventuali bruciature, come anche l’andare delle stagioni che lo fanno “diverso” - costituisce un “accidente”.


Ego, grazie per avermi fatto desiderare di rileggere Carnap.
 
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Sgubonius
view post Posted on 10/2/2010, 01:36




Io andavo un poco oltre (oppure semplicemente in altra direzione).

Il senso dell'albero non può essere dell'albero. Non c'è un "significato" come base/sostrato oggettivo (iperuranico?) che la scienza tenta di far coincidere col senso costruito dall'uomo. Se posso concordare provvisoriamente con "il senso è per il soggetto trascendentale" (il senso dell'albero in questo caso è una serie di stimoli, di segni, che hanno significato per l'esistenza del soggetto: il colore, la dimensione, l'usabilità in senso lato, la Cura direbbe Heidegger, quindi più nell'ardibilità che nell'esser albero), sono però costretto a rettificare subito i termini: qual'è il senso del soggetto trascendentale? Ci vorrebbe qui un trascendentale del trascendentale, all'infinito, oppure un limite del non-senso!

Per questo tenderei ad immanentizzare il soggetto (si parla di "campo trascendentale" per dare un idea della cosa) e a considerare il senso come emergente nella struttura immanente stessa ma sempre con una relazione aperta con ciò che manca alla struttura, il suo fuori, il suo Altro. L'esempio più banale (ma da prendere con le pinze) è il per Sé di Sartre che tende sempre (escatologicamente) all'in Sé. Ma degli equivalenti ci sono davvero ovunque, solo le peggiori analitiche pretendono di dare il senso DI qualcosa. Altrimenti si deve scomodare Hegel per una certa riunificazione del DI e del PER (dell'in sé e del per sé), ma siamo in pienissssima escatologia (dell'Assoluto).

Almeno questa è l'unica maniera in cui mi riesce di pensare la struttura del senso in maniera... sensata. Una cosa che si dà il senso da sé, se non è l'Assoluto, è un non-senso, e se rimanda ad altro, questo altro non deve a sua volta necessitare di un senso (quindi un non-senso, o qualcosa semplicemente di Altro dal senso, dalla significazione).
 
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view post Posted on 10/2/2010, 22:09
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CITAZIONE
Non c'è un "significato" come base/sostrato oggettivo (iperuranico?) che la scienza tenta di far coincidere col senso costruito dall'uomo.

Mi perdoni.
Quanto ho affermato non si riferiva alla dicotomia classica tra senso e significato.
Io non percepisco questa dicotomia come "reale", ma, semplicemente come prodotto di una conoscenza incompiuta, l'umana nello specifico.

La scienza, poi, non può piegare al senso degli uomini l'oggettività del proprio procedere.
Dovrebbe essere il contrario.
Galileo parlò, parlando di testi sacri, di adattamento "vulgi judicio". E lo condannò.
Le leggi di natura sono quel che sono.
La matematica è l'unico assioma possibile.



Ovviamente, in tal senso, non concepisco il processo di immanentizzazione cui lei si riferisce.

L'esempio dell'albero, invece, non deve essere inteso in senso "assoluto" e neppure nell'ottica finto-dicotomica di cui sopra. Anche perché qui vengono chiamati in causa altri concetti, quelli di sostanza e accidente.Ad essere onesti, non mi parve neppure azzeccato l'esempio dell'albero.
Ad ogni modo, grazie di avermi permesso di postare.

Edited by LauraHeller - 11/2/2010, 08:09
 
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Farvat
view post Posted on 11/2/2010, 13:41




CITAZIONE
La scienza, poi, non può piegare al senso degli uomini l'oggettività del proprio procedere.
Dovrebbe essere il contrario.
Galileo parlò, parlando di testi sacri, di adattamento "vulgi judicio". E lo condannò.
Le leggi di natura sono quel che sono.
La matematica è l'unico assioma possibile.

Scusate l'intromissione

Come scriveva Husserl(cito a senso) La scienza è un'ideazione umana, resta da capire come mai l'umanità sia tanto entusiasta di sottomettersi ad una delle sue tante ideazioni? La leggi di natura non "sono quel che sono". Non sono un Dio a cui abbiamo tagliato la testa per meglio renderlo disponibile ai nostri scopi, le cosiddette "leggi" sono un prodotto culturale che certo funziona a fini strumentali, ma che non è affatto detto che funzioni perchè sia vero. Non esiste alcun modo per dimostrare che una legge sia veramente universale, noi consideriamo che eistano leggi perchè questo psicologicamente ci protegge dalla precarietà esistenziale congenita ma proprio perchè noi siamo psicologiamente instabili può anche comportare che noi per mero bisogno "poniamo" leggi dove queste non ci sono. Diciamo che le leggi sono un'abduzione, una mera scommessa magari anche necessaria, ma di cui non potrà probabilmente essere mai data una certa dimostrazione.
La matematica sarà anche anche l'unico assioma possibile, peccato però che proprio l'aritmetica che regge tutto l'edifico noematico non è fondabile su un numero finito di assiomi, essendo viziata da indecibilità congenita e quindi incompletezza. se è così ed è dimostrato che è così, significa che il grande sogno neoplatonico di Galilei di tradurre l'universo in caratteri geometrico-matematici è destinato a rimanere un eterno work in progress, tenendo sempre conto che non c'è nessuna prova tangibile che sia proprio stato scritto dal Dio architetto-programmatore in questa tipologia di caratteri. Il fatto che esista quella che Liebniz definirebbe come "armonia prestabilità" tra matematica e mondo fenomenico è una mera congettura che di fondo non si riesce ben a spiegare.
L'oggettività poi è ormai un mito che si tiene vivo perchè altrimenti la scienza crolla dal suo status onto-escatologico, per il semplice motivo che il soggetto è l'oggetto sono un prodotto analitico e non ontologico, sono una mera invenzione metodologica reificata su cui l'occidente ha edificato se stesso; se non c'è ne soggetto ne oggetto, in che senso parlare di "oggettività"?! Sono persino in grosso forse l'edifcazione di stabili ontologie regionali.
 
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26 replies since 3/1/2010, 06:02   824 views
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