La filosofia razionalistica

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<<Ænima>>
view post Posted on 16/6/2006, 15:47




La presenza di Norberto Bobbio, nel dibattito sul marxismo, come nuova forma di filosofia, è documentata dal saggio su La filosofia di Marx, nato come intervento nella lunga discussione fra Augusto del Noce e Felice Balbo: una discussione considerata da Bobbio come uno dei momenti più drammatici dell’autocoscienza dell’intellettuale nuovo, di fronte all’apocalisse (Profilo ideologico del 900).
Per entrambi i cattolici , il marxismo costituisce una svolta decisiva nel pensiero moderno, con una differenza: per Del Noce, la filosofia di Marx, presentandosi come attività trasformatrice della realtà, s’identifica con la realtà politica del comunismo e dunque rappresenta il superamento della filosofia nella politica; per Balbo, invece, l’importanza della filosofia di Marx consiste nella scoperta della “ragione scientifica”., cioè, nell’essere il marxismo non una concezione del mondo, ma una scienza.
L’attualità di Marx, fatto decisivo nella storia del pensiero moderno, è legata per entrambi, alla crisi della filosofia razionalistica. Da qui nasce la preoccupazione di difendere il pensiero moderno nella sua tradizione razionalistica critica, della quale Hegel, non rappresenta affatto la conclusione .
O cade la figura di un Hegel – chiusura del pensiero moderno, oppure si svuota la raffigurazione di un Marx-fatto decisivo nella storia della filosofia.
Già da qui, si rileva il contrasto che diventa sempre più profondo, tra la filosofia di Marx , erede del razionalismo assoluto di Hegel, e il neo-empirismo, cui subito dopo la guerra, guarito dalla “sbornia” idealistica e passato, fugacemente, attraverso l’esistenzialismo.

Balbo afferma che Marx è un fatto decisivo nella storia della filosofia. La dimostrazione che egli dà di questa affermazione si può ridurre, se non erro, a un ragionamento composto delle quattro proporzioni seguenti:

1. Marx opera in modo radicale la dissoluzione del razionalismo assoluto di Hegel;
2. Il razionalismo assoluto di Hegel rappresenta la conclusione di tutta la filosofia razionalistica;
3. La filosofia razionalistica comprende in sé tutta l’evoluzione del pensiero precedente ad Hegel ;
4. ergo, Marx, operando il rovesciamento del razionalismo hegeliano, opera la dissoluzione di tutto il razionalismo, cioè di tutta la filosofia moderna.

Questo significa che dopo Marx non è più possibile filosofare nella direzione della filosofia del razionalismo, cioè nella direzione di quella che comunemente si chiama “ l’essenza del pensiero moderno”; quindi è giustificato il “ritorno” della filosofia dell’essere.
Ma è anche chiaro che la conclusione, cioè la quarta proposizione, è vera se sono vere le tre proposizioni precedenti .
Sono vere queste proposizioni?
Iniziamo a domandarci: è vero che il razionalismo comprende in sé tutta la filosofia di Hegel? E’ vero che Hegel conclude la filosofia del razionalismo ? E’ vero che Marx opera il rovesciamento della filosofia Hegeliana?
Grazie…
:rolleyes:
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 16/6/2006, 18:34




Risposta ad <<Ænima>>

nell'accennare una prima risposta a questo post denso di contenuti
conviene da parte mia, iniziare a rispondere i 4 punti, che Bobbio evidenzia quali tesi di Balbo.

1. Marx opera in modo radicale la dissoluzione del razionalismo assoluto di Hegel;
è un antico topos della storiografia italiana. la storiografia italiana soprattutto dopo il ventennio fascista è stata di forte impronta marxista, quando non è stata heideggeriana o cattolica.
ora se invece di guardare al Marx che ci è stato consegnato dalla storiografia, guardiamo al Marx allievo di Feuerbach di certo possiamo accedere ad una nuova dimensione di senso.
intanto "razionalismo assoluto di hegel" è una espressione che andrebbe formulata in maniera più precisa.
non è stato hegel il primo ad aver introdotto tra stato e cittadino quel termine medio che chiamiamo società?
questa è sicuramente una intuizione da cui marx ha preso parecchio.
ma non ai Lineamenti di filosofia del diritto hegeliani bisogna rivolgere lo sguardo, ma alle struggenti pagine di quel capolavoro assoluto che è la Fenomenologia dello Spirito, per comprendere il fraintendimento di Marx.
nella sezione dell'Autocoscienza, Hegel mostra come la coscienza fissi la distinzione tra verità e certezza. questa è sicuramente una mossa corretta, ma solo sino a quando la coscienza non comprende che la distinzione è distinzione-per-la-coscienza. ed è qui che la coscienza rinnega la ragione, cade nella disperazione, si da alla produzione. e nella produzione, nel suo prodotto si identifica. marx qui avrebbe parlato di Alienazione.
una alienazione che per quanto materialista voglia essere, è pur sempre data nel piano concettuale. per questo, mostrerò in seguito che anche la filosofia di Marx è Idealismo, fugando così ogni possibile fraintendimento :lol:



2. Il razionalismo assoluto di Hegel rappresenta la conclusione di tutta la filosofia razionalistica;
la storiografia marxista non ha capito Hegel nella misura non ha comprenso il senso Storico della Dialettica Hegeliana, la dialettica dei Concetti.
infatti chi non comprende che solo l'Ideale è capace di trasformare la realtà (machiavelli parlava di realtà effettuale, capace di dare effetti cioè), si preclude di comprendere il vero senso del razionalismo.
Hegel risulta certamente un esponente autorevole della filosofia "enciclopedica", un esponente del Sistema. ma solo sino al suo tempo. hegel non ha mai voluto scendere dalla cattedra per andare in piazza a fare le profezie. quindi l'espressione "previsti da sempre" si addice più a marx che ad hegel. chi ammette come fece heidegger che con la filosofia abbiamo finito, non fa che prendere la "tradizione" da cui ha attinto i concetti sotto forma di urdoxa (doxa originaria) e li sta trasformando sotto nuova forma.
ancora siamo dentro alla Dialettica dei Concetti.
come ha fatto notare derrida, decostruendo la decostruzione heideggeriana, non è possibile uscire dalla tradizione.
concezione che approvo pienamente. ora torniamo a marx.
non importa che egli abbia inteso o frainteso hegel. importa come quale che sia l'impronta hegeliana desunta da marx, senza hegel "non si pensa" marx. quindi si se si vuole rinnegare il carattere razionale di marx lo si faccia pure... dopo tutto le profezie le faceva lui. ma il mondo non ha bisogno di profeti. ha bisogno di Ipseità, essere-un-sè. quindi io me ne andrei a basilea a far morire, dio, marx, i marxisti e tutti coloro che pretendono di dare e vendere giustizia solo perchè hanno le loro etichette. io non vado al tribunale a comprare 2 kg di giustizia, non vado al mercato per fare la raccolta punti per aver in omaggio un servizio da thè e con la libertà come corredino. le cose sono solo se sono "pensate". ecco perchè il razionalismo autentico può essere raccolto nella massima parmenidea: è lo stesso essere e pensare.


3. La filosofia razionalistica comprende in sé tutta l’evoluzione del pensiero precedente ad Hegel ;
tutto il razionalismo prentende di essere filosofia della storia.
il motivo è molto semplice: se si accetta quanto ho detto sopra sul detto parmenideo, si ben comprende come la storia sia il "concreto" della storia. ho già scritto sul concetto di concreto a josa altrove.
qui basteranno pochi cenni.
cum+ crescor. essere con il cresciuto. vi domando: che cos'è capace di tenere insieme (crescere insieme a)? non la vista, io vedo questo pc, ma non vedo allo stesso modo ad esempio la parete che fa sfondo. non vedo che marginalmente le mie mani che digitano, non però ad esempio il palmo. vedo parzialmente la tavola su cui il mio pc è posto.
sono tutte parzialità visive, parzialità visive che si danno come tali solo a partire dall'unità della tavola della mano ecc. quindi la visione di insieme è data attraverso prospettive percettive.
idem con patate per gli altri sensi.
cosa resta dell'uomo? resta il pensiero. il pensiero che nel custodire la sua origina la riattiva, la concresce, la rende concreta, ovvero torna a casa.
questi concetti vanno integrati con quelli del punto2. ma meriterebbero una trattazione più approfondita (rimando qui al mio post "che cos'è la filosofia?" e all'introduzione della mia tesi!!)



4. ergo, Marx, operando il rovesciamento del razionalismo hegeliano, opera la dissoluzione di tutto il razionalismo, cioè di tutta la filosofia moderna.
marx non rovescia un bel niente. anche perchè il caro vecchio kant aveva mostrato come la ragion pratica fosse superiore a quella teoretica.
non era stato già Goethe, maister del romanticismo, a dire: in principio era l'azione facendo leggere a faust il vangelo di giovanni?
tra profeti ci si comprende.


alla domanda:
"è vero che il razionalismo comprende in sé tutta la filosofia di Hegel?"
Rispondo:
allora aristotele e platone non erano razionalisti solo perchè da loro ad hegel ci stanno oltre due millenni e mezzo? forse che cartesio non lo era? forse che Husserl è stato uno sprovveduto che non ha capito niente della Ragione? interessante come ipotesi...
però se così fosse, noi guardiamo la ragione con gli occhi ir-razionalistici.
nota terminologica: con "ir-razionalistico" non si intendo "irrazionalistici". la tradizione irrazionalistica si fa risalire a Nietzsche. inutile perder tempo sulla aberrazioni del '900 (escluso qualcuno, tipo Husserl, Derrida ed io :B): ).



E’ vero che Hegel conclude la filosofia del razionalismo?
è vero che hegel ha concluso la storia della filosofia "sin qui"
sin qui è citazione. chi diffida può prendere il III - b volume della sua sublime "lezioni sulla storia della filosofia", dove hegel conclude il suo corso, con la celebre e tanto fraintesa [ma và? :o: ] espressione:
la vita eterna consiste nel produrre eternamente l'opposizione e nell'eternamente risolverla: sapere l'unità nell'opposizione e l'opposizione l'unità, ecco il sapere assoluto.



E’ vero che Marx opera il rovesciamento della filosofia Hegeliana?
se hegel riassume la tradizione razionalistica, allora
1) o Marx deve presuppore l'Idealità Spirituale di Hegel in quanto "pietra miliare" della storia della filosofia, contravvenendo al fatto che Hegel è "materialmente" un figlio del suo tempo e quindi o confuta hegel in coerenza con Hegel,

2)oppure marx cestina i principi di hegel, confutando hegel con gli occhi di marx, ma non con gli occhi di hegel davvero solo dal punto di vista esteriore.


io sono hegeliano ^_^

io chiaramente opto per il primo punto. e quindi propongo, coerentemente col principio di contraddizione, la rottura nella continuità ovvero la continuità nella rottura

Edited by EgoTrascendentale - 17/6/2006, 14:51
 
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<<Ænima>>
view post Posted on 19/6/2006, 16:12




Carissimo Ego, :wub:
ti ringrazio per aver riposto a questo post … Devo dire che e tue profonde riflessioni hanno trovato giusta riposta in ciò che attendevo, ma vorrei ri-proporti altrettante riflessioni.

Per affermare che nel razionalismo si comprenda tutta la filosofia prima di Marx, bisogna eliminare dalla storia della filosofia moderna l’empirismo. Questa eliminazione si può fare in due modi: o risolvendo l’empirismo nel razionalismo, come una delle forme in cui si è manifestato il razionalismo moderno, o negando che esso sia comunque una filosofia (ed è questo sostanzialmente il giudizio di Hegel).
Non saprei dirti quale delle due alternative sia stata accolta meglio… Quindi, più che proporti un’obiezione su questo punto, che implica una discussione assai più ampia, c’è forse da attendere un chiarimento… Pertanto, mi limito ad osservare che, se si fa rientrare la storia dell’empirismo in quella del razionalismo, intesi l’uno e l’altro come espressioni del pensiero moderno, bisogna per forza risalire a un comune denominatore, che non può essere che l’istanza metodologica, che si chiude con il razionalismo (razionalismo metafisico assoluto). Rimane invece aperta, nell’empirismo, verso una critica che conduce da Locke sino a Kant. Quindi, proponendo il problema in questi termini, risulta che si può dire ( e vedremo in seguito in che misura si può dire ), che Hegel conclude il “razionalismo assoluto”, non si può dire invece, senza un’ulteriore specificazione, che Hegel conclude anche il “razionalismo critico”.
Se accettiamo la seconda alternativa, vale a dire che l’empirismo è fuori della storia del pensiero filosofico, perché rimane completamente nell’ambito del discorso scientifico, c’è il rischio di essere costretti a concludere che la scoperta della ragione scientifica, attribuita a Marx, debba essere anticipata di qualche secolo e che quindi, proprio per questo Marx non rappresenti più una svolta decisiva nella storia della filosofia, non avendo fatto altro che ritrovare o proseguire la direzione segnata dall’empirismo.
In altre parole, non c’è scelta… e mi ripeto: cade la figura di un Hegel-chiusura del pensiero moderno o si accetta la raffigurazione di un Marx- fatto decisivo della storia della filosofia.
Ma procediamo ancora con le riflessioni….

Affermando che, la filosofia di Hegel è la conclusione del razionalismo, bisogna chiudere gli occhi di fronte a due fatti: accanto al razionalismo metafisico, c’è un razionalismo critico; in secondo luogo, che non tutto il pensiero di Hegel è di derivazione razionalistica..

1. Dal razionalismo critico nasce l’illuminismo. Si può dire allora che Hegel conchiude il pensiero moderno, solo a condizione di dimostrare che Hegel conchiude la filosofia dell’illuminismo. Ora la filosofia dell’illuminismo, rappresenta un razionalismo indefinitamente aperto, perché critico; la filosofia di Hegel è un razionalismo chiuso, perché assoluto ( e quindi senza possibilità di svolgimento se non attraverso un rovesciamanto). Si potrebbe obiettare che Hegel conchiude l’illuminismo, perché chiude il razionalismo aperto di quello. Ma l’apertura indefinita non era la necessaria riserva perché il razionalismo critico, e perciò ateologico, non si trasformasse in razionalismo assoluto e teologizzato? Quindi Hegel, chiudendolo, non lo conclude, ma lo nega? :lol: Con questo, non si vuol dire che anche l’illuminismo abbia conosciuto sistemi chiusi…. Si può forse dire che questi sistemi chiusi sono l’espressione della sopraffazione operata dalla metafisica sulla critica ? Se questo è vero, allora dimostra due cose: che il razionalismo non ha aspettato Hegel per chiudersi, ma si è chiuso, di volta in volta, con maggiore o minore consapevolezza da se stesso; che il sistema chiuso di Hegel non è una conclusione, e quindi come tale una novità nella storia del pensiero, ma semplicemente un episodio più radicale ( dovrebbe essere più scandaloso per un razionalista critico), della prepotenza… o meglio, della illusione metafisicistica.
2. Tutta la filosofia di Hegel è denominata da una concezione escatologica della storia, mentre il pensiero moderno è caratterizzato o dalla indifferenza di fronte al problema escatologico, o, addirittura, da una concezione anti-escatologica (il progresso indefinito). Ciò che vi è di moderno ( contrapposto a medioevale)in Hegel è la trasposizione del fine ultimo dell’altro mondo a questo mondo. Perciò la filosofia di Hegel è stata definita una “ teologia rovesciata”, mentre il pensiero moderno prima di Hegel o non è una teologia oppure è teologia razionale, cioè un sapere intorno a Dio in cui il punto di vista di Dio non è confuso col punto di vista dell’uomo, mentre in Hegel il discorso su Dio coincide col discorso sull’uomo e sulla storia. Sotto questo angolo si scorge allora che il pensiero di Hegel, anziché concludere il pensiero moderno, in quanto si ricollega alle concezioni escatologiche cristiane e pre-cristiane, salta un aspetto caratteristico del pensiero moderno, cioè l’aspetto non escatologico, e quindi da questo punto di vista è l’antitesi del pensiero moderno. Si può allora intendere che la filosofia di Hegel, sia nella sua totalità la negazione del pensiero moderno, oppure che è tale proprio in quanto è una visione escatologica della storia, cioè in quanto è quella teologizzazione della storia umana che viene considerata come il compimento conseguente e coerente del pensiero moderno ?

Affermando che Marx ha dissolto la filosofia di Hegel e scoperto così la ragione scientifica, bisognerebbe dimostrare che in Marx è scomparso ogni visione escatologica della storia. E’ possibile una simile dimostrazione?
A questo proposito occorre intendersi sul rovesciamento operato da Marx rispetto ad Hegel. Possiamo dire che Marx rovescia il punto di vista da cui il filosofo riflettendo sulla storia deve osservare l’uomo: mentre per Hegel la storia è la storia dell’uomo teoretico che si conclude nel sapere assoluto, cioè nella fondazione nell’uomo teoretico totale, la storia per Marx è la storia dell’uomo pratico che si conclude nella società assoluta ( il Comunismo), cioè con la fondazione dell’uomo pratico totale ? Qui si spiegherebbe il passaggio della filosofia alla rivoluzione?
Il Comunismo ( dice Marx nei manoscritti), “ è la soluzione dell’enigma della storia ed è consapevole di questa soluzione”. In linguaggio teologico significa che le vie della provvidenza sono misteriose ( la storia è un enigma), ma nonostante ciò, proprio perché la storia è una sotria provvidenziale, ci sarà una soluzione ( il comunismo, ovvero il regno di Dio in questo mondo).

Ego caro, è vero… Marx è giunto alla sua concezione della storia, non attraverso la riflessione del movimento dialettico delle Idee, ma attraverso la storia della produzione ( accessibile dai suoi studi economici). Quindi, non è un argomento decisivo a favore del rovesciamento totale, dal momento che l’economia di Marx ( cioè i risultati scientifici, validi nell’ambito della ragione scientifica) vengono eretti a spiegazione e a giustificazione della storia universale (economia mistificata).
Concludendo, allora possiamo affermare che:
1. il razionalismo assoluto, non includa tutto il pensiero moderno
2. che Hegel non sia la conclusione del razionalismo
3. che Marx non abbia demistificato Hegel.

Se queste ragioni sono valide, o anche se una di queste ragioni è valida , si può ancora sostenere che Marx costituisca un fatto decisivo nella storia della filosofia per aver rovesciato la filosofia di Hegel, intesa come conclusione di quel razionalismo il cui si comprenderebbe tutto il mondo moderno? Si può escludere totalmente che Marx sia un fatto decisivo nella storia della filosofia?
Se seguiamo altre vie, diverse da quelle già proposte, come lo dimostriamo?
A Voi .. :rolleyes:
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 19/6/2006, 21:04




risponderò punto per punto e questa volta la mia tesi -
"marx è fondamentalmente un idealista" - verrà ampiamente convalidata.

iniziamo col contestare quanto segue:
Per affermare che nel razionalismo si comprenda tutta la filosofia prima di Marx, bisogna eliminare dalla storia della filosofia moderna l’empirismo. Questa eliminazione si può fare in due modi: o risolvendo l’empirismo nel razionalismo, come una delle forme in cui si è manifestato il razionalismo moderno, o negando che esso sia comunque una filosofia (ed è questo sostanzialmente il giudizio di Hegel).


è chiaro che questo non è il giudizio di Hegel, è il giudizio della storiografia marxista su Hegel.
vediamo cosa ci dice Hegel nelle lezioni sulla storia della filosofia:

<<per esso filosofare vuol dire o ha per sua determinazione fondamentale, pensare in modo autonomo ed accettare il presente come se in esso sia la verità e perciò sia conoscibile: [...] la via della verità era quella di muovere da questo presupposto senza però arrestarsi ad esso nella sua realtà esteriore e frammentaria, ma conducendolo anzi all'universale>>. (L. S. F vol III.2, pag 7).

quindi ciò che hegel ha di mira non è se l'empirismo sia una filosofia oppure no. ma al contrario: posto che l'empirismo vada sotto la voce "filosofia" nell'Enciclopedia Universale che è la Storia, hegel si domanda: quale ruolo dare all'empirismo? Per rispondere mi servirò di un esempio.
io abito al secondo piano. posso stare disteso per terra o arrampicato sull'armadio dei miei libri. per quanto io mi innalzi non supererò mai l'altezza del punto più basso del "terzo piano" del mio palazzo. Anche il punto più alto del secondo piano sarà più basso del più basso tra i punti del terzo piano: certo posso andare al terzo piano, direte voi. ebbene mettere l'empirismo al terzo piano significa, hegelianamente, mettere l'empirismo dentro la filosofia. dentro la classe filosofia, non importa quanto basso sia il livello interno (star distesi sul pavimento ad esempio), l'empirismo resta sempre più in alto di scienza, religione arte ecc.
il semplice fatto che hegel tratti di Locke e soci nella "storia della filosofia" significa aver già attribuito all'empirismo dignità filosofica.
il giudizio di hegel non è negare dignità filosofica all'empirismo ma riprendere le buone idee dell'empismo e riformularle nella loro genuinità filosofica.
la critica di hegel viene ripresa totalmente da Husserl quando distinguendo "scienza rigorosa" da "scienza esatta". l'atteggiamento naturale, direbbe Husserl, dell'empirismo pretende di partire dal fondamento assoluto dell'Essere.
ma l'essere così concepito ammette "scoperta"?
no, ammette solo sintassi: in pratica il paradigma di adeguazione tra cosa e intelletto è il paradigma della verità secondo l'empirismo.
non così per l'idealismo: la verità nell’idealismo è l’espressione, la manifestatività. Ecco perché se locke doveva fornire motivazioni etiche fondate sul sentimento (cfr la lettera sulla tolleranza), il razionalismo pretende di fondare l’etica sulla libertà (agisci come se il prossimo sia un fine e non un mezzo. Kant- oppure come diceva hegel: si accetta il dovere solo volendolo accettare). Chiaramente la questione dovrebbe essere approfondita ed affrontata attraverso una considerazione della storia della filosofia con un impianto differente. Affrontare la questione adesso, ci allontanerebbe troppo dal nostro intento. Sin da ora va chiarito: l’<< l’istanza metodologica>> non è che una tappa del pensiero cosìdetto moderno. La critica della ragion pura è sì un metodo, ma non è solo un metodo. Devo ricordare qui le istanze antidottrinarie dell’Architettonica della Ragion pura? Come già aveva intravisto Fichte la ragion pura teoretica non è che la consapevolezza della propria libertà, per questo nella dottrina della scienza il processo di costituzione dell’io è sostanzialmente un processo che conduce alla fondazione del celebre Sollen della Critica della Ragion Pratica. Lo stesso schelling avrebbe intravisto ciò,considerando però dapprima l’arte come chiave di volta del sistema e quindi la stessa libertà. Libertà connessa dagli “ideali regolativi” che sono religioni e miti. Che sia lecito qui intravedere l’inconscio collettivo è un affare jungiano che non posso qui riprendere.
Allo stesso modo Hegel che concepirà la critica della ragion pura sì una considerazione sulla propria libertà benchè ancora in-sé (an-sich), kata dynamin e che necessita di sviluppo.
Uno sviluppo che proprio perché ingloba la necessità della storia si chiude. Ma d’altra parte, mi viene da chiedere, questo chiuso delimitato dall’oscillazione della Ragione tra Storia e Libertà, non è forse il tutto? Ecco perché Hegel insisterà sulla storia. Ma su questo punto mi soffermerò in seguito.
Con ciò ho messo fuori gioco la prima alternativa: l’empirismo è quindi una dottrina filosofica.

Ora entrano in gioco le difficili analisi che ti propongo, e ahimè, o ahitè, dimostrerò la Necessità del concetto. È sin troppo facile mostrare come il fallimento storico del comunismo nell’est europeo e la recente apertura ai mercati da parte della cina siano sintomo di un errore di fondo (marx era troppo ottimista dal punto di vista antropologico. Su questa considerazione insisteremo in seguito).
Sarebbe ingenuo considerare il razionalismo assoluto qualcosa di intimamente diverso dal razionalismo assoluto. Sarebbe come negare quella processualità della storia che invece va tenuta ben presente dentro la storia della filosofia.
Senza locke, non si pensa kant. è ciò che hai asserito. Devo dire correttamente. Ma il paradigma del “correttamente” non è una assodata convinzione storiografica. Anzi, leggendo la critica della ragion pura, come è stato detto oggi da più parti, si assiste alla nascita del soggetto. Non dunque in cartesio ma in kant si attua la vera nascita del razionalismo. Certo, vien da chiedersi: che cos’è il razionalismo cartesiano? E il razionalismo platonico? Tappe necessarie verso la concettualizzazione del concetto, direbbe giorgione. Che cos’è l’idea assoluta dopo tutto se non l’idea che si-aliena-e-si-ritrova nella natura? Ma tutta la filosofia è idealismo. Se io ho una “natura” da conoscere (per farti un favore non mostrerò come la diatriba tra “materia” e “idea” avvenga sul piano del Pensare) e la leggo attraverso la lotta di classe, attraverso l’economia, non sto già filtrando la natura attraverso una ir-realtà mentale che è concettuale?
Se io guardo il mondo con gli occhi da psichiatra non per questo ciò che vedevo da ragazzo – quando non ero psichiatra ma ci stavo diventando - era falso. Cambiava l’apriori. Ecco perché il razionalismo autentico non conosce ma “riconosce” l’idealità delle cose. Ora il favore che ti ho fatto non ha più ragione d’esistere. Ecco perché anche Marx è un idealismo. Ogni scienza è idealismo. Altro conto poi la natura di questo idealismo.
Prendiamo la fisica. Quando sforna una formula per ogni accadimento che cosa fa? Non fa altro che confermare l’antico detto parmenideo: è lo stesso essere e pensare.
Certo ci sono istanze metodiche differenti. Ma non quelle metodologiche, le quali avvengono sul piano del concetto. Il metodo come tale non esiste, è un’astrazione e quindi o l’astrazione è reale, e allora il razionale è reale ed anche il reale contiene un sostrato di razionalità da astrarre, oppure il reale è qualcosa di non-omogeneo col pensiero e allora pensiero ed essere sono incompatibili. Ma allora abbiamo a che fare solo col nostro pensiero. [mi meraviglio di come l’Idealismo sia così perpetrato in me!]
Quindi la ragione scienfica di marx, proprio perché è già-sempre ragione, non si discosta dalla razioanlità, che si deve presuppore anche nel mondo, nell’essere se, il marxismo vuole essere “teoria della rivoluzione”, “teoria della praxis rivoluzionaria”.
È il concetto di praxis che va sottoposto ad una attenzione particolare. L’etica è finalizzata alla rivoluzione come in platone era finalizzata al bene, ed in hegel era finalizzata alla Ragion di stato.
Non è dunque un caso che popper li mettesse insieme dalla parte dei cattivi nel suo testo (che ti regalerò così impari!) “la società aperta e i suoi nemici”.
L’idea di marx fu quella di prendere l’idea idealista della verità come libertà per metterla davanti ad un gregge, quel gregge che avrebbe voluto condurre (cosa tipica di tutti i leader) per cambiare il mondo. Questa è l’idea della rivoluzione. La libertà al fine della rivoluzione. Una rivoluzione che toglie a chi ne ha di più per dare tutto a tutti. Come sia materialmente possibile ciò?
La considerazione pensante della storia di Hegel, mutuando l’idea che fù del signor rousseau, la storia inizia con la lotta per la proprietà. Ma nota hegel, la lotta per la proprietà è la lotta per il riconoscimento di sé, quindi la storia è già sempre iniziata. Non è la proprietà a porre la società, non è una questione di “contratto sociale”, bensì la necessità del riconoscimento a costutuire la lotta e la lotta il contratto [faccio notare la triade hegeliana bella, bellissima che ritorna sempre!] ecco perché x me “Marx non rappresenti più una svolta decisiva nella storia della filosofia.”

ora affermare:
Affermando che, la filosofia di Hegel è la conclusione del razionalismo, bisogna chiudere gli occhi di fronte a due fatti: accanto al razionalismo metafisico, c’è un razionalismo critico; in secondo luogo, che non tutto il pensiero di Hegel è di derivazione razionalistica..

È quanto mai improprio perché non coglie la profonda semantica del razionalismo. La ragione non è il “mostro onnivoro che unisce sempre all’appetito per l’ingeribile il disgusto per il non digeribile” come vorrebbe t.w. adorno. La ragione come elemento tipico dell’uomo e per tanto è necessario che non tutto il pensiero di hegel sia di matrice razionalistica. Intanto l’esperienza non è già concettuale tout court, malgrado sia una sintesi (mica dobbiamo fare l’errore di Brentano e del suo maestro traselderbung) ma il processo di mediazione triadica porta a concetto. Ma si badi: porta al concetto, il che significa che va verso il concetto. Ma non posso entrare più di tanto nella questione del cominciamento.


Vengo finalmente al Punto 1.
Hegel ha senza dubbio ripreso temi e considerazioni della ragione illumata/illuminante.
Hegel non conclude per sempre niente. Finchè ci sarà un uomo, ci sarà qualcuno capace di provare stupore, quel taumazein, quella meraviglia che meravigliosamente custodisce meravaglia.
E se non si provasse meraviglia, questo sì genererebbe ulteriore meraviglia.
E dopo tutto: c’è così tanta meraviglia custodita nella storia in generale e nella storia della filosofia in particolare, che neppure una società di androidi come faceva haxley in “brave new world” sarebbe dimenticata. L’uomo non è una macchina. Nella sua vita nello strato latente si nasconde l’essenza infinita del pensiero. Quel pensiero che dinnanzi all’horridum del giorno meccanico e della disperazione inusuale sconquassa il tempo: il concetto è la potenza del tempo. Perché asserire ciò in un discorso completamente diverso? Perché l’io che mi appare come sostrato nella riflessione sulla mia “storia” non mi appare mai nella sua purezza “agente”, ma subisce una modificazione d’apparizione, una “riflessione” su se stesso. Quel movimento che Hegel chiamava assoluto non è altro dunque la capacità di aver autocoscienza, consapevolezza di sé. Ecco perché ragione e libertà fanno tutt’uno nella filosofia. Ecco perché non ha importanza che la libertà passi per la rivoluzione o per il martirio di cristo come vuole reich. La ragione è la stessa libertà perché solo la ragione è capace di sconquassare il monotono “è così” della natura. Si dirà: i cataclismi. Troppo facile dire: nessuno li ha mai visti. Più interessante dire: nessuno li ha mai visti, ma qualcuno li ha narrati.
La narrazione, la custodia dell’accedere, come salvaguardia della meraviglia. Non è meraviglioso tutto ciò? E allora la chiusura del sistema cos’altro potrebbe significare se non quella boiata colossale che ogni tanto la si invoca come un “deus ex machina” che è La fine della storia?
Certo, la fine della storia: abbattiamo passato, annulliamo il futuro, smettiamo di pensare e suicidiamoci tutti insieme appassionatamente.
Questo non è idealismo è “pecorismo” (mi si perdoni il neologismo). Laddove c’è ragione c’è libertà. Laddove c’è libertà c’è la ragione che l’ha creata. E con buona pace di marx, o convince la massa con la ragione o il marxismo è oppio di popoli. E per certi aspetti lo è diventato davvero: cfr d’alema col suo yacht o il prodi che si fa la donazione prima la sera del 10 aprile. E poi siamo tutti brave persone!!



Fine prima parte!
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 20/6/2006, 14:38




2nd parte.

posso immaginare lo sgomento alla fine della risposta.
ma come diceva aristotele, cosa giusta è onorare l'amicizia, cosa santa è onorare la verità.

in primo luogo mi limiterò, con un semplice argomento a far giocare un luogo comune della storigrafia contro l'altro.

quello da te citato:
Tutta la filosofia di Hegel è denominata da una concezione escatologica della storia.

se ci domandiamo il senso del termine "escatologica", rispondiamo: salvezza, via verso la salvezza, il senso della salvezza.

ma salvezza da che? una via verso la salvezza a partire da cosa? che senso può avere la salvezza?
ebbene tutto ciò resta ancor più oscuro se la storiografia marxista prende a tema un altro degli "capi d'accusa" contestati ad Hegel: l'ottimismo metafisico.

ora se l'ottimismo metafisico è dato come immanente alla natura del reale, che è già sempre pensato [e solo così hegel può mistificare la realtà], allora si parte dal pensato e dal pensati ci si salva.
può hegel aver detto questo?
può allora l'idealismo assoluto hegeliano aver posto una via di salvezza dal pensato?
personalmente, ammettendo la bontà di questa domanda - ma è un favore che faccio, risponderei: si, ci si salva dal pensato solo perchè il pensato è generato dal pensate.
[ma allora siamo già presso la salvezza!]

ma allora l'escatologia è proprio un errore madornale!
ed infatti non bisogna confondere l'escatologia con la "qualità" della realtà.
è noto che per hegel qualità viene prima di quantità e in questo primato anzi determina la sostanzialità. [cfr. sc della logica. cap: essere indeterminato.]

ora la qualità della realtà è: essere-processuale-necessario.

essere è il sostantivo, ma si accede al senso di questo "sostantivo" attraverso il suo essere processuale-necessario.
processuale: che è capace di movimento, che è capace di sviluppo.

ora lo sviluppo presta il fianco all'escatologia. ma lo sviluppo non è eo ipso un miglioramento.
è sviluppo per hegel il processo per cui io scopro che ho la malattia x.
sì dirà: bella scoperta. ma si può dire: se so di essere malato mi curo.
in ogni caso lo sviluppo mi da "guadagno" solo perchè mi aggiunge un corollario allo sviluppo. cioè, prendo in considerazione di curarmi.
ora proprio perchè io penso di curarmi, il mio pensiero astratto si concretizza andando dal medico, facendo esami del sangue e delle urine.
posso anche morire, mica è detto che mi salvi, però dice hegel, ho un guadagno di consapevolezza di me: qui si introduce la necessità.
la necessità del reale non passa mai sopra la testa delle persone, ma "nasce" (nel senso che assume una forma precisa) nella testa delle persone. nella storia, dice hegel, nulla di grande viene fatto senza l'inter-esse della gente.
sarebbe ben strano che napoleone andasse in russia senza che gliele fregasse un ficosecco del trono!
ma quest'interesse proprio perchè è inter-esse da un lato mi spinge a fare cose che "normalmente" non farei, dall'altro mi costringe a mettere in atto piani, strategie, compromessi (in una parola: idea) al fie di arrivare al mio scopo (che è l'interesse).
ma si badi, l'interesse è talmente "Mio" da essere una forma di malattia, un patema, il pathos, la passione che spinge a far saltare tutti i presupposti dell'ordinario ragionamento (la famosa parvenza di kant!!!!) e per questo il "normalmente" di poco fa non è che un'espressione "surrettizia".
per tanto hegel prima di parlare di escatologia (dove al più il fine è la libertà di tutti) hegel dirà: le passioni son le molle della storia.
e passioni e storia stanno insieme come la trama con l'ardito di una tela.
è questa un'immagine stupenda su cui val la pena di riflettere.
la trama (storia), l'ordito (l'azione) danno la tela. cos'abbiamo alla fine? abbiamo il mondo, l'immagine del mondo che viene letto attraverso la ragione perchè è stata la ragione a crearlo.
la mela senza l'<<idea>> di newton è solo oggetto di trattative al mercato!!!

per tanto rinnego la concezione escatologica in hegel e, rilancio:
solo ipotizzando la dittatura del proletario io do un fine precostituito alla storia. ecco che qui contro marx bisogna chiedersi:
o l'uomo è già libero e per tanto la civiltà capitalista è nato per volere delle persone.
oppure l'uomo non è libero e allora la rivoluzione non sarà che un frutto di una ragione che ci passa sopra la testa.
ovvero, la rivoluzione sarà, potenza del caso! (o potenza della ragione!) una List der Verfunt, un'astuzia della ragione.
che forse allora il discorso hegeliano sia un tantino differente da ciò che i marxisti vorrebbero fosse?
l'astuzia della ragione è per hegel la ragione che essendo implicitamente presente sotto forma di cultura sbocca in questo o quel modo.
la rivoluzione francese non è scoppiata dall'oggi al domani. ma è scoppiata perchè attraverso il re luigi XIV - il re sole, la politica di colbert e di richelieu e dei Luigi XVII la possibilità della rivoluzione era insita.
ora poichè la "dynamis" può diventare energheia, e poichè ci diventa, allora - dice hegel - quel "Può" è un "deve" e di fatto è diventata entelecheia.
in pratica, il concetto di possibile è contraddittorio.
ora si spiega perchè la necessità di prendere termini aristotelici come dynamis ed entelecheia. se andiamo a leggere il 5 libro della celebre metafisica (marx si sentiva allievo di aristotele, dopo tutto la definizione di lavoro l'ha presa dalla politica: attività organizzata in vista di un fine), notiamo proprio ciò:
il possibile se si attua si attua perchè è necessario che si attui.
quindi non è possibile. se però il possibile non si attua, allora era necessario che non si attuasse, quindi anche in questo caso non è possibile.
hegel riprende questo discorso e lo infila nella storia.
ecco perchè la storia della filosofia rappresenta "il tempo appreso in pensieri".
quel che marx non capisce è che la materia, la classe, la struttura e la sovrastruttura non sono cose concrete, ma sono astrazioni.
per tanto se la storia (altra astrazione) si dispiega tra lotte di classi per il dominio del capitale, la lotta tra servo e padrone insomma, allora dire che la realtà è fatta di materia, che la storia è fatta da lotta di classi è un pleonasmo.
la lotta tra hegel è marx viene così ridotta non tra lo spirito come tale e la materia come tale, bensì tra il concetto di spirito e il concetto di materia, e quindi la battaglia è tra le "figure" del concetto. per tanto questa guerra è una guerra tra pupi, perchè quale che sia il risultato della guerra, l'idealismo ha vinto.

. Sotto questo angolo si scorge allora che il pensiero di Hegel, anziché concludere il pensiero moderno, in quanto si ricollega alle concezioni escatologiche cristiane e pre-cristiane, salta un aspetto caratteristico del pensiero moderno, cioè l’aspetto non escatologico, e quindi da questo punto di vista è l’antitesi del pensiero moderno.

il problema è che se marx è post moderno lo è solo perchè cammina sul suolo del moderno, quel suolo del moderno che agli occhi di marx non era che hegel. non importano le battaglie tra sinistra e destra hegeliana, non importa che marx faccia bene oppure no, importa che marx prendendo posizione contro Hegel, accetta implicitamente la visione processuale della storia hegeliana.
ma anche Kierkegaard e schopenhauar si ritrovano vittime del falso presupposto interpretativo.
ad hegel non interessa appiattire tutta la filosofia con la sua posizione. interessa mostrare, con la sua storia della filosofia, come si è arrivati "organicamente" all'idealismo, e come dall'idealismo egli abbia sviluppato la filosofia.
così come dopo aristotele abbiamo la "caduta" con le 3 scuole post-aristoteliche, ebbene dopo hegel, potremmo dire, ci stanno altre cadute perchè sono contestazioni.
quel che significa lo si può dire in una parola:
poichè si prendono le distanze da hegel, hegel è elevato a paradigma.
ed anzi, tanto più contestiamo hegel, più la presenza di hegel è forte nel nostro discorso, marxista, marxiano o marxista fenomenologico.

quindi hegel non è nè la corona nè la negazione del pensiero moderno.
è semmai una tappa della storia della filosofia che risplende di luce propria, e forse se si torna sovente ad hegel è perchè nessuna pietra miliare della storia della filosofia è stata così capace di costudire meraviglia.
a ben vedere tutte le scuole dall'850 in poi non fanno che una cosa: i conti con hegel.

i positivisti che si cullavano di fatti contro le essenze; nietzsche che parlava di uomo, superuomo e di praxis "al di la del bene e del male"; la riflessione irrazionale di schopenhauar sulla volontà o sulla fede in kierkegaard; la filosofia della storia come riflessione per lo sviluppo dell'economia comunista di marx e dei neomarxisti (luckas, scuola di francoforte fino a sartre e merleau-ponty) la riflessione sulla polis della arendt; la storia della metafisica come storia dell'occultamento dell'ente ovvero la storia verso il nichilismo di heidegger; la "fenomenologia" come scienza rigorosa di Husserl.

sono tutte prese di posizione rispetto ad hegel.
per tanto, se hegel ha concluso un'epoca, l'ha conclusa solo perchè, tramite ciò ha reso talmente chiari i problemi del suo tempo, della sua epoca (la modernità) da poter "abbassarsi" a presupposto per altro.
ed in ciò si attua quella famosa "aufhebung" che, lungi dal sopprimere, è un'antica legge - chiamata dialettica - attraverso cui il passato è un passato performatico (della serie: mi sono svegliato, il gesto di svegliarmi è finito, ma il suo effetto ancora si perpetra in tutto ciò che faccio) e per questo inesaurbilmente presente.
ecco perchè la fenomenologia dello spirito asserisce che il concetto è la potenza del tempo: la coscienza giunta al fine del suo iter vede passato e futuro ugualmente dispiegati dinnanzi i suoi occhi, ugualmente dispiegato nell'eterno "on" di parmenide.

la ragione che si esplica nella libertà e la libertà che si esercita nella ragione.
ora poichè da qui è venuto fuori che la filosofia trascendentale è la filosofia della libertà, mi affido alle parole su cui medito ultimamente e su cui "sempre di nuovo" è necessario meditare:


Io intendo qui per ragione l’intera facoltà conoscitiva superiore, contrapponendo quindi il razionale all’empirico.
Se prescindo da ogni contenuto di conoscenza, considerata oggettivamente, ogni conoscenza allora, soggettivamente, è o storica o razionale. La conoscenza storica è cognitio ex datis, quella razionale invece cognitio ex principiis. Una conoscenza originariamente data, donde che sia, in chi la possiede, è storica se egli conosce soltanto nel grado in cui, e per quel tanto per cui gli è stata data, vuoi per immediata esperienza o narrazione, o anche per istruzione (conoscenze generali). Quindi chi abbia propriamente imparato un sistema di filosofia, per es. wolffiano, quantunque abbia nella testa tutti i principi, schiarimenti e dimostrazioni, nonché la divisione di tutta quanta la dottrina, e possa quasi contar tutto sulle dita, pure non ha altro che una compiuta conoscenza storica della filosofia di Wolff: egli sa e giudica solo quanto gli fu dato. Se gli contestate una definizione, egli non sa dove prenderne un’altra. Egli si è formato secondo una ragione estranea; ma la facoltà imitativa non è la facoltà produttiva, cioè la conoscenza non è prevenuta in lui dalla (pag512) ragione; benchè quella oggettivamente fosse assolutamente una conoscenza razionale, pure soggettivamente, è meramente storica. egli ha ben capito e ritenuto cioè imparato; ed è una maschera di gesso d’uomo vivo. Le conoscenze razionali che sono tali oggettivamente (cioè che possono a principio provenire soltanto dalla ragione propria dell’uomo) possono portare poi questo nome anche soggettivamente solo quando siano attinte dalle fonti generali della ragione, da cui può scaturire anche la critica e fin la reiezione di ciò che si è imparato; cioè da principi.
Ora, ogni conoscenza razionale o è conoscenza ricavata dai concetti, o dalla costruzioni dei concetti: la prima si dice filosofia, la seconda matematica. Della distinzione intrinseca di entrambe io ho già trattato nel primo capitolo. Una conoscenza dunque può essere oggettivamente filosofica eppure soggettivamente storica, come nella maggior parte degli scolari, e in tutti coloro che non vanno mai al di la della scuola e restano tutta la vita scolari. Ma è strano che la conoscenza matematica, comunque appresa, può tuttavia anche soggettivamente valere come conoscenza razionale; ed in essa non ha luogo una distinzione come nella conoscenza filosofica. La causa è, che le fonti conoscitive da cui il maestro soltanto può attingere, non si trovano se non nei principi essenziali e genuini della ragione, e quindi dallo scolaro non possono esser prese d’altronde, né i alcun modo contrastate; e questo perché avviene qui l’uso della ragione soltanto in concreto, benchè tuttavia a priori, cioè nell’intuizione pura, e appunto perciò scevra d’errore, ed esclude ogni confusione ed errore. Tra tutte dunque le scienze razionali (a priori) soltanto la matematica si può imparare, ma non la filosofia (salvo storicamente); ma, perciò che concerne la ragione, tutt’al più si può imparare a filosofare.


I. Kant - Architettonica della Ragion Pura.
 
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<<Ænima>>
view post Posted on 21/6/2006, 15:23




Comincio con l’osservare che una vena di utopismo è rimasta nel corpo del pensiero marxista, per il solo fatto di essere una dottrina rivoluzionaria. Pensiero utopico e pensiero rivoluzionario come ben sai, sono strettamente congiunti… Hanno in comune un atteggiamento positivistico di fronte al futuro. Il pessimismo storico ( gli uomini si sono sempre ammazzati fra di loro e sempre si ammazzeranno) è un lusso che si possono permettere solo i conservatori. Hobbes e De Maistre erano pessimisti sulla natura umana. Croce era ottimista e niente affatto rivoluzionario, ma egli, a differenza dei rivoluzionari, che sono pessimisti per passato ed ottimisti per il futuro, un ottimista cronico…quindi anche per lui, la storia non faceva salti, ed è quel che conta per un pensiero antirivoluzionario. Tanto connessi sono utopismo e pensiero rivoluzionario che si può parlare leggittimamente di una vena di utopismo nel pensiero di Marx e Lenin, senza con ciò diminuire i meriti del realismo storico e politico di entrambi, dal quale anche conservatori come Croce, che si vantavano di essere realisti, dovettero pure imparare qualcosa . La storia umana per loro, dopo la rivoluzione, avrebbe cambiato natura..
La società socialista, era stata immaginata come una società nuova, finalmente al riparo della bufera della storia… Come ben sai, ahimè, c’era la furia distruttrice: la tirannia.. che potremmo paragonare, per proseguire la metafora ad un ciclone..
Come si poteva pensare che un ciclone potesse infuriare nel più sicuro e protetto porto che mai gli uomini si fossero costruiti??
Fuori di metafora, l’utopismo rivoluzionario ha condotto il pensiero comunista a concepire la società socialista come un tipo di società qualitativamente superiore, quindi, la tirannia, vista in una società inferiore, non era possibile.
Ma la tirannia è esplosa .. e c’è da credere che il residuo di utopismo, che era una delle barriere che divideva il il marxismo dal restante pensiero scientifico sia destinato a scomparire… Certo non ha più ragione di sopravvivere: “ i fatti” hanno imbrattato gli ideali.
Richiamo l’attenzione sopra questi due punti:
1. Se la società socialista deve essere superiore a quella capitalistica, è ragionevole a un atteggiamento scientifico critico e non dogmatico ritenere che questa superiorità non si ponga in chiave utopistica, come superiorità qualititativa in contrapposizione tra una società storica “con” oppressi e oppressori e una società meta-storica “senza” oppressi e oppressori….sono alternative razionalmente illuminabili….
2. il criterio per giudicare questa superiorità dovrebbe essere la verifica storica … e non la deduzione da astratti ideali, smentiti clamorosamente…. Secondo cui il proletario, liberando se stesso, libera l’intera umanità… etc, etc…

Il marxismo, nonostante i contribuiti che ha dato all’analisi scientifica dei fenomeni sociali, non è mai riuscito a liberarsi appieno da quella forma di deteriore hegelismo che è la filosofia della storia ….o storia a disegno.. :rolleyes:

La filosofia della storia è filosofia nel senso romantico della parola, come sistema totale e onnicomprensivo della realtà. Per coltivarla ci vuole molta ignoranza ( che può essere incolpevole) o molta presunzione ( che è più colpevole) …. A meno che, venga maneggiata più per il suo valore persuasivo che per quello conoscitivo… come probabilmente, fu il caso di Marx… ( Ceci docet) Nonostante conservasse una vena di utopismo e lo spregiudicato realismo col quale giudicava i fatti storici, mantenne ostinatamente in vita un’idealizzato e fragilissimo schema di filosofia della storia, nonostante il suo prevalente interesse per l’analisi storico-scientifica della società..
Certo, la storia umana è molto più complessa di quel che le varie filosofie della storia ci abbiamo lasciato credere… Ciò che lo storico ottiene raccogliendo pazientemente miriadi di dati, interpretando faticosamente documenti, etc… il filosofo della storia, ottiene attraverso la scorciatoia della deduzione da proposizioni generali….
Prendiamo come esempio il problema dello Stato:
1. la storia ( quella scritta) è la storia delle lotti di classe
2. lo Stato è l’apparato con cui la classe dominate opprime la classe soggetta.

Da queste due proposizioni generali si deduceva che, dove si fosse realizzata una società senza classi, non ci sarebbe più stato bisogno dello Stato.
Questa conclusione… che è sempre stata parte integrante della dottrina, non è mai stata sinora e non ha mai potuto essere, una verità di fatto o storica, ma nonostante ciò è sempre stata asserita categoricamente come se fosse una verità di ragione…
I marxisti d’altro canto, non hanno mai accettato che questa presunta verità fosse smentita dai fatti .. travisandoli per la verità razionale..Più che idealismo, parlerei di “prigionia della dottrina”, tanto da anteporre una formula dedotta ai principi della verità storica.

Fine 1 parte.
 
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EgoTrascendentale
view post Posted on 21/6/2006, 20:53




approvo pienamente sull'utopismo.
d'altra parte come non potrei? il mio consenso si muove nel ragionamento seguente:
l'utopia soteriologica in marx, non importa se non se ne sia reso conto, funge da Ideale Regolativo, idea limite, il telos, ciò a cui si tende.
se non chè, qui si distingue:
1) o l'ideale regolativo è destinato ad essere sempre irraggiungibile (hegel rimproverava fichte e kant di aver pensato in ciò "la cattiva infinità")
2) oppure l'ideale è sì raggiungibile e allora lo stato pre-socialista della società deve "dialetticamente" essere il presupposto affinchè la società non solo abbia luogo, ma abbia luogo come "aufhebung" e quindi si tratterebbe sì, di uno scarto qualitativo ma sempre all'interno della medesima "sostanza".

ed ecco perchè:

La storia umana per loro, dopo la rivoluzione, avrebbe cambiato natura..
La società socialista, era stata immaginata come una società nuova, finalmente al riparo della bufera della storia

significa prendere la natura umana e metterla fuori di se - alienazione.
in pratica dopo la rivoluzione l'uomo non diventa il superuomo di nietzsche, contrariamente ad esempio a quanto vorrebbe t.w. adorno. da qui io accuserei di "superficialità antropologica" marx.
la speranza della rivoluzione è tradita nel suo più intimo presupposto.
marx vuole cambiare la realtà, ma la realtà la si cambia solo quando è conosciuta, e la si conosce solo "contemplandola" [sto ribaltando la XII tesi su feuerbach]. solo partendo da un'analisi realmente scientificia dell'uomo, un'analisi eidetica, si possono comprendere i fenomeni sociali: sarà certamente vero che la società determina gli uomini, ma è anche vero che sono gli uomini a determinare le società. per tanto mettere alla fine della storia la società socialista significa negare la libertà alle persone di fare quel che vogliono.
e in queste libertà bisogna riconoscere quella di accumulare denaro, come quella di andare a ballare.
fare lo straordinario e giocare al flipper non sono altro che due modi diversi di esprimere lo stesso principio: la libertà di fare.
è qui che marx sbaglia.
dopo tutto il marxista che vorrà affermare che solo attraverso la storia si guadagna l'autocoscienza e quindi si può sperare nel futuro ecc. non significa porre l'accento su quel punto archimedico che Hegel chiamava "Idea assoluta"?
per questo io individuo in marx almeno 3 momenti fallaci.
1) la materia è un'astrazione e come tale è una figura del concetto. lo stesso dicasi per le classi [e dio solo sa quant'è difficile individuare le classi oggi e quanto oggi le classi abbiamo una diseguale omogeneità di autocoscienza: i ricchi fanno di tutto per tenere ben saldi la loro egemonia, i lavoratori invece guardano invidiosi e rassegnati briatore col suo yacht tra la campbell e quell'altra....

2) oggi tutti abbiamo un cellullare, un pc, una macchina ecc. il capitalismo nel suo esubero di produzione ci permette di "avere tutto". e qui ritorna la mia celebre cantilena: possiamo avere tutto "In comode rate" come dice sempre mastrota su mediaset prima che trasmettano goku. solo che purtroppo nessuno mi risponderà quando domando: "e da quanto le rate sono diventate comode?"
è la legge del mercato, si dirà. e qui ha ragione marx, riprendendo pienamente hegel [cfr supra quando ho fatto l'esempio dei 3 kg di giustizia che non compro al tribunale o al mercato, ma devo lottare per averla]: la società è alienata quando le persone si comportano da cose e le cose da persone.
ma se le cose si comportano da persone allora il pensiero passa sopra la testa delle persone commenterebbe hegel!
e vengo così alla disamina dei tuoi punti nevraligici


1. Se la società socialista deve essere superiore a quella capitalistica, è ragionevole a un atteggiamento scientifico critico e non dogmatico ritenere che questa superiorità non si ponga in chiave utopistica, come superiorità qualititativa in contrapposizione tra una società storica “con” oppressi e oppressori e una società meta-storica “senza” oppressi e oppressori….sono alternative razionalmente illuminabili….

il principio deontologico della realtà è un principio che non può mai essere a priori. le previsioni non fanno parte della filosofia della libertà. il vero giudizio consiste infatti nell'unire ciò che ho in testa (i concetti puri dell'intelletto) da ciò che ho dinnanzi. ho già detto del meccanismo dialettico di marx e per tanto rimando su. qui giova considerare un nodo cruciale. hai giustamente parlato di società meta-storica. è questa la sede di discutere questo concetto.
ciò che ho di mira è mostrare come la storicità della società è la società stessa.
l'uomo, nota franco chiereghin [nel suo testo: tempo e storia], non è storico perchè nel tempo, ma è storico perchè capace di agire.
agire, continua chiereghin, è la capacità dell'uomo di saper dire "No" ad una re-azione. nella reazione si è sempre condizionati, saper prendere un distacco, contare fino a 10, prima di "rispondere" significa togliere alla reazione il primato sull'azione.
si tratta dell'antica distinzione tra sillogismo pratico e azione furente che fu x aristotele oggetto di grande riflessione nell'etica nicomachea.
per tanto, parlare di società metastorica senza oppressori e senza oppressi è ai miei occhi dire: "e vissero felici e contenti".
abbiamo bisogno di favole? eppure l'oppio del popolo era la religione...


2. il criterio per giudicare questa superiorità dovrebbe essere la verifica storica … e non la deduzione da astratti ideali, smentiti clamorosamente…. Secondo cui il proletario, liberando se stesso, libera l’intera umanità… etc, etc…

a questa affermazione non posso che esprimere la domanda che mi faccio da quando abbiamo iniziato questo discorso:
se marx fosse nato in una famiglia ricca come avrebbe esplicitato il suo genio?
è noto infatti che fosse poverissimo e engels gli fece da mecenate o quasi. è qui che forse un'analisi di altro tipo - di cui per ora non ho strumenti - potrebbe gettar luce sul pensiero di marx.
ed in questa considerazione si è dentro l'orizzonte di senso aperto da marx: il censo determina la nostra classe e la nostra classe d'appartenenza ci determina.
allora il discorso di marx non è vero-in-sè ma vero per una classe data.
ed allora nascono aporie di eccezionale difficoltà.


com'è noto la mia maestra è g. tagliavia, insegnante di filosofia della storia.
è solita iniziare le sue lezioni con un accogliente sorriso e iniziarci alla sua materia:
<<che vuol dire "filosofia della storia"? è chiaro, è una disciplina in cui la storia è oggetto della filosofia. però non è neppure detto che la filosofia non possa essere oggetto della storia. ebbene, conviene dunque iniziare a domandarci in che modo è possibile un rapporto tra storia e filosofia. ho una storia da cui traggo filosofia? oppure ho una filosofia a partire da cui pervengo alla storia? e daccapo se considero la storia un presupposto da cui trarre fuori filosofia, che ne è della storicità della storia? e al contrario, se ho già il filosofico della filosofia come presupposto, come "Noto" per trarre fuori la storia, che cos'è il noto da cui parto?>> a questo punto gli studendi o se vanno per non tornare mai più, o se vanno e dicono, come accadde a me personalmente: prima mi devo fare le basi ^_^ >>

siano questi i allora gli interrogativi che pongo prima di rispondere ai punti 1 e 2 in fondo :)

1. la storia ( quella scritta) è la storia delle lotti di classe
2. lo Stato è l’apparato con cui la classe dominate opprime la classe soggetta.


ps: tutto ciò che è umano è umano solo perchè vi agisce o vi ha agito il pensiero
 
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7 replies since 16/6/2006, 15:47   1296 views
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