Vieni dal cielo profondo o esci dall'abisso,
o Bellezza? Il tuo sguardo, infernale e divino,
versa confusamente il beneficio e il crimine.Così apostrofa Baudelaire la bellezza: irriducibile, veicolo essenziale per raggiungere il vero e la salvezza.
Da sempre oggetto della ricerca umana che non trova mai pieno compimento, la bellezza si mostra nel particolare, permette alle molte cose di partecipare di essa in gradi diversi suggerendo la presensa di qualcosa di ulteriore, di un principio unico e universale sostrato della nostra realtà fenomenica.
È come se solo la scissione della realtà permettesse l’intuizione di essa e, al tempo stesso, quella di ogni dimensione metafisica.
In questo senso la contraddizione, che è quindi l’essenza della Bellezza, è ciò che permette la Conoscenza e l’accesso al Vero, all’Uno.
Ma l’esperienza del sensibile non è sufficiente.
Occorre allontanarsi dal nostro mondo, sradicarsi da esso per conoscerlo..un po’ come i sogni dei potenti che, volendo conquistare la Realtà, si allontanano irrimediabilmente da essa..salvo poi costringere con la forza gli altri a realizzare il proprio sogno.
È questa la tragicità della ricerca: la necessità di quello sradicamento che apre nella nostra mente la ferita, il vuoto che rende il nostro pensiero permeabile ad accolgliere l’Essere.
La bellezza, tramite l’incanto e lo stupore che suscita, determina l’inizio della dolorosa e imperfetta ricerca di ciò che è fine a se stesso restituendo la nostra attenzione al vero.
A questo punto è necessario togliere tutti i rimedi cui l’uomo si è legato per risolvere l’angoscia del divenire; è necessario anche lasciarsi scivolare nella precarietà della condizione umana, privarsi di tutte le condizioni e pregiudizi per approdare al nulla in cui solo è possibile trovare la Verità.
Tramite un meccanismo che non comprendiamo la bellezza ci invita costantemente ad allontarci: mentre rivela i nostri limiti ci spinge a non rassegnarci mai ad essi in un incessante anelito al possesso di ciò che è assoluto.
A questo punto la mia domanda - già esposta in un vecchio post del filosofico - : cosa distingue l’esperienza della bellezza da quella del dolore, ugualmente assoluta e impenetrabile?